Sanremo: le 5 canzoni con i testi più interessanti

di Dalila Giglio

Sono ormai pochissime le ore che ci separano dall’inizio del 74° Festival di Sanremo, e la curiosità rispetto a ciò che vedremo -ma, soprattutto, rispetto a ciò che sentiremo- , aumenta con lo scorrere delle ore.

Pur sapendo già quasi tutto quanto ci sia dato di conoscere prima dell’avvio della kermesse -tra dichiarazioni ufficiali e ufficiose, gossip e indiscrezioni o presunte tali-, ci manca, infatti, un tassello fondamentale, che poi è ciò che costituisce la reale essenza del Festival (che, non dimentichiamolo, rimane una gara canora): le canzoni.

Di esse o, per meglio dire, di una parte di esse in realtà già disponiamo, poiché i testi delle medesime, come da prassi ormai consolidata, sono stati resi noti in questi giorni; si tratta, tuttavia, di una conoscenza “monca”, poiché non sappiamo né su quali melodie si adageranno le parole che leggiamo, né come gli artisti le interpreteranno. E sono proprio il suono degli strumenti e l’interpretazione vocale dei cantanti, a conferire un’anima e a rendere “vivi” i brani che ascoltiamo.

Nell’attesa di scoprire il vero volto delle canzoni in gara quest’anno possiamo, però, dilettarci a leggerne i testi, onde cominciare a “fiutare” quelle che potrebbero piacerci, nonché a selezionare quelle che ci appaiono oggettivamente più interessanti, magari per il significato intrinseco di cui sembrano essere portatrici.

È quanto abbiamo provato a fare noi individuando alcuni brani che, per ragioni differenti, ci sono parsi meritevoli di attenzione.

Stando esclusivamente alla “bellezza” del testo, ossia al suo figurarsi come un componimento ben scritto e provvisto di senso anche da non musicato, salta immediatamente all’occhio “Mariposa” di Fiorella Mannoia, che si presenta come un racconto -non celebrativo ma realista- che narra cosa significhi essere donna: una sorta di “manifesto” della femminilità (non femminista) nel suo senso più lato.

Non passa inosservato Dargen D’Amico, che in “Onda Alta” affronta il tema dei migranti, portando sul palco uno dei pochi brani focalizzati su un tema sociale; il testo è lungo (caratteristica comune a parecchi brani) e contiene parole forti, disseminate qua e là. Chi ha orecchie per intendere intenda.

Si fa notare anche il testo della canzone dei La Sade, “Autodistruttivo”, il quale racconta, senza peli sulla lingua, il disagio giovanile, che tra le sue manifestazioni più estreme annovera proprio l’autodistruzione individuale.

Di diverso tenore sono gli altri due pezzi che non lasciano indifferenti alla lettura, ovvero “Ti muovi” di Diodato e “Ricominciamo tutto” dei Negramaro, entrambi incentrati sull’amore e sulle sue sfaccettature e ambedue destinati a esprimere tutto il loro effettivo potenziale una volta portate sul palco, anche grazie alle voci uniche dei loro interpreti.

In generale, si può affermare che le canzoni di quest’anno appaiano un po’ degli “spaccati” di vissuti personali, spesso tormentati e difficili, seppure non privi di speranza nel futuro.

Prima di comprenderle realmente e di poterle giudicarle con un minimo di obiettività, ad ogni modo, dovremo sentirle, e anche bene e più e più volte.

Solo un ascolto attento e consapevole potrà dirci se, leggendo i soli testi dei brani, avevamo avuto, o meno, delle impressioni corrette sugli stessi.

Buon Sanremo!

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