Ormai i tempi sono abbastanza maturi per poterlo dire: quello che avrebbe potuto essere un Festival sottotono o di transizione, dal quale non potersi aspettare troppo, si è rivelato, invece, uno spettacolo di grande successo, con i ritmi giusti, senza fronzoli e polemiche e, soprattutto, focalizzato sulla musica.
Un Sanremo un po’ “baudiano”, come non se ne vedeva da tempo, che compensa il livello non eccelso delle canzoni in gara con una qualità dello spettacolo complessiva più che buona.
Come sempre, tuttavia, ci sono stati, nel corso delle serate che volgono al termine, dei “Top” e dei “Flop”, che di seguito andremo brevemente a passare in rassegna, in attesa di scoprire chi sarà il vincitore o la vincitrice di quest’edizione.
Top
Il ritorno del cantautorato
Dopo anni di dominio assoluto e incontrastato di canzoni che, gentilmente, ci limiteremmo a definire “leggere”, finalmente sono stati ammessi alla competizione canora dei cantautori che hanno avuto il coraggio di portare sul palco dei brani musicalmente magari non memorabili ma testualmente degni di nota, incontrando il plauso di un pubblico forse stanco di sentire tormentoni usa e getta 365 giorni su 365.
L’inclusività
Senza mai eccedere, la 75° edizione del Festival si è rivelata una delle più inclusive di sempre, non solo in termini di generi musicali (il rock non ci è quasi mai stato, sicché la sua assenza non può essere considerata una novità) e di generazioni, ma anche di “diversità”, se così si possono definire i diversi modi di presentarsi e di stare al mondo.
Le co-conduttrici
Salvo, forse, una (ma si dice il peccato e non il peccatore), si sono rivelate tutte ampiamente all’altezza del compito, a riprova del fatto che sarebbe ora di riportare una donna alla conduzione, magari con qualche bravo co-conduttore a farle da spalla.
Flop
Malgioglio e Mahmood
Non ce ne vogliano, ma il primo sta bene dove sta, ovvero nei programmi musicali d’intrattenimento leggero, con le sue mise estrose e la sua dizione peculiare, mentre il secondo è perfetto nel fare il suo mestiere, o anche il ballerino e il modello, volendo. La co-conduzione di un programma della risonanza mediatica e sociale di Sanremo non gli si addice.
Il Suzuki Stage e il Prima Festival
L’utilità di un palco esterno a quello della gara, su cui si esibiscono vecchie glorie o partecipanti delle più recenti edizioni passate, a volte anche in playback, quale sarebbe, a parte quella di allungare i tempi televisivi e di allietare gli spettatori in loco? In ordine al Prima Festival, invece, cosa apporterebbe, in più, allo show (senza nulla togliere ai presentatori, che sono bravi e disinvolti)?
La serata delle cover
Tutti bravini, per carità: ma le emozioni? Le canzoni che “arrivano”, hanno un po’ latitato.
L’autotune
Sarà pure uno “strumento” meraviglioso, che verrebbe approvato anche da chi, ai suoi tempi, mai ne avrebbe immaginato l’esistenza, ma nella più importante competizione musicale nostrana, ove si dovrebbe dar sfoggio di tutte le proprie abilità vocali, corredati da una magnifica orchestra, andrebbe abolito. Sanremo, in fondo, è ancora una cosa seria, che ha la potenziale capacità di imprimere una svolta a una carriera o di rinverdirla o di consolidarla: bisogna che su quel palco ci salga chi sa davvero cantare.

Appassionata di musica, giornalismo, scrittura e danza, ama vivere nella sua riservata Torino, ma adora il Sud Italia, nel quale affondano le sue origini.