Home RubricheFigli di una vecchia canzone “Oro, incenso e birra”: il magnum opus di Zucchero

“Oro, incenso e birra”: il magnum opus di Zucchero

by InsideMusic
zucchero


Esattamente 35 anni fa Zucchero Fornaciari pubblicava “Oro, incenso e birra”, il suo 5° album: un disco in cui confluiscono rock, blues e pop che consacra il cantautore emiliano a livello internazionale, con oltre 8 milioni di copievendute in tutto il mondo.

Ma cosa rende davvero unico questo album? E perché è considerato uno dei dischi italiani più belli di sempre? Scopriamolo insieme.

La concezione dell’album 

«Oro, incenso e birra l’ho concepito con rabbia e tribolazione, con i crampi allo stomaco e le viscere a brandelli» ha detto Zucchero. Un cantautore vero, un musicista dalla gigantesca sensibilità artistica, in grado di mescolare diversi generi musicali, anche lontani tra loro, prendendo spunto dalla sua tumultuosa vita quotidiana ma anche dagli avvenimenti storici più rilevanti.

C’è tutto questo in “Oro, incenso e birra”, pubblicato il 13 Giugno 1989, in cui compaiono 9 brani, alcuni dei quali diventeranno i suoi più grandi successi.

Le tracce del disco

“I need your love / your love in me” è il coro che apre il 1° brano, “Overdose (d’amore)”, le cui atmosfere gospel si intrecciano con una linea di basso di chiara ispirazione blues. Quella di Zucchero è una supplica: a pochi mesi dalla caduta del Muro di Berlino e dalla conseguente fine della Guerra Fredda, con la sua voce graffiante canta i versi “Ho bisogno d’amore, per Dio”, attraverso cui chiede una vera “overdose” di amore per sé stesso e per “tutto quanto il mondo”.

Con Nice (Nietzsche) che dice?”, altro pezzo rock con aperture melodicheZucchero ironizza su un’usanza della sua prima moglie, che era solita citare il celebre filosofo tedesco durante le liti casalinghe che poi hanno portato al divorzio. Più in generale, però, il pezzo è un chiaro elogio ai piaceri terreni, tra i quali il sesso.

Stesso tema trattato anche nel brano successivo, “Il mare (impetuoso al tramonto salì sulla luna e dietro una tendina di stelle…), citazione di un famoso componimento del poeta e cantautore livornese Piero Ciampi

Il lato A del disco piega verso toni meno accesi e si chiude con “Madre dolcissima”, una sorta di preghiera laica che Zucchero rivolge a Dio ma allo stesso tempo anche a sua madre: un brano in cui si mescolano soul e gospel, con un ritornello da brividi, tra i più belli dell’intera discografia del bluesman emiliano.

Il lato B si apre e si accende con la scatenata “Diavolo in me”, il cui sermone iniziale è interpretato da Arthur Miles, musicista afroamericano. Il brano, in cui si mescolano funk e blues, segna uno spartiacque dell’intero disco e sottolinea il dualismo che ogni essere umano affronta ogni giorno, ovveroil naturale contrasto tra “bene” e male”. Una perenne ricerca di equilibrio tra “angelo” e diavolo”, tra lussuria e perbenismo, tra ciò che vogliamo far vedere e ciò che, invece, tentiamo di nascondere.

Iruben me”, il cui titolo riprende il nome di una ragazza danese conosciuta dal cantautore, inizia con un’atmosfera soffice, prosegue con un crescendo di tensione fino ad esplodere nel picco finale che rappresenta perfettamente il turbamento emotivo vissuto dall’artista durante gli incontri con la giovane donna. L’assolo di chitarra di Corrado Rustici impreziosisce un brano che mette in risalto le qualità vocali di Zucchero.

L’album prosegue con “A wonderful world”, una canzone più “leggera” in cui compare la strepitosa chitarra di Eric Clapton“E quei bambini che giocano alla guerra / dov’è questo wonderful world?” si chiede Zucchero. Una domanda, purtroppo, ancora tristemente attuale.

Subito dopo arriva “Diamante”, una ballata che ha cambiato per sempre la nostra musica. Il testo, scritto da un altro “big” della musica italiana, Francesco De Gregori, è una dolcissima dedica alla nonna di Zucchero, il cui nome era proprio Diamante«Non mi sentivo di scriverlo io perché temevo di essere troppo coinvolto, e di fare una cosa sdolcinata. Volevo un quadro a colori pastello e la trasparenza, la serenità, la pulizia dei testi di De Gregori, anche per chiudere il disco con un accenno di speranza, dopo tanti pezzi così tribolati». Le atmosfere richiamano il periodo del Dopoguerra e la vita quotidiana nella Pianura Padana dell’epoca.

Il disco si chiude formalmente con “Libera l’amore”, il cui testo ermetico lascia spazio alla meravigliosa musica di Ennio Morricone.

Un album che vale sempre la pena riascoltare, anche oggi a distanza di 35 anni, per apprezzare la straordinaria capacità che questo artista ha avuto (e ancora ha…) nel fondere diversi generi, usando un linguaggio universale sia dal punto di vista musicale che letterario.

di Luca Nebbiai

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