“Nigio”, il nuovo disco di Enrico Nigiotti – Recensione

di Adriana Santovito

Vi abbiamo parlato di lui non molto tempo fa, in occasione della sua partecipazione alla 70esima edizione del Festival di Sanremo (qui il nostro approfondimento: https://www.insidemusic.it/sanremo-2020-sul-palco-dellariston-anche-enrico-nigiotti-con-baciami-adesso/).

Ed è proprio sul palco dell’Ariston che di recente abbiamo visto ed ascoltato Enrico Nigiotti, cantautore e musicista livornese, rock e verace come un buon vino.

Lo scorso 14 febbraio è uscito Nigio, il suo quarto album, contenente anche il brano sanremese Baciami adesso. Otto tracce e tanto cuore. Lo abbiamo ascoltato per voi.

Partiamo proprio da Baciami adesso. Tema centrale: l’amore, l’amore quello irrazionale.  Un po’ come quando proviamo a fuggire, a fingere, ma alla fine torniamo sempre lì, proprio lì dove avevamo giurato di non tornare. “Sei l’unica stanza che mi salva dal disordine” è una di quelle frasi che ti si scrivono dentro se hai vissuto o vivi qualcosa di simile. Devo ammettere, però, che inizialmente quelle giacche di paillettes e quegli assoli molto energici sul palco dell’Ariston mi hanno – felicemente – distratta dalla canzone, facendomela apprezzare soltanto in un secondo momento, lontano dal caos di informazioni ricevute durante i giorni del Festival.

Pasolini, seconda traccia di Nigio. Quella che forse mi ha maggiormente sorpreso. Come lo stesso artista ha affermato, le tematiche trattate all’interno di questo nuovo lavoro discografico sono diverse e variegate. Qui abbiamo un Nigiotti che, con sguardo critico e senza disporre di grossi strumenti, ci regala un quadro spietato di una società che corre troppo veloce, vuota ma allo stesso tempo cinica. Ed il titolo non è stato scelto a caso.

Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero.

Pier Paolo Pasolini

Dobbiamo ricorrere all’aiuto di una grande figura storica come Pasolini per comprendere a pieno il senso di questo brano.

Un altro brano un po’ diverso da quelli che ci offre solitamente la penna di Nigiotti è Highlander. Questa è una dedica a chi sa vivere i momenti, conducendo un’esistenza un po’ godereccia, talvolta improntata all’estremo ma sicuramente libera. Anche a livello melodico questo pezzo è un po’ diverso rispetto al solito: molto più soft nell’arrangiamento, non ci sono chitarre che stridono ed è un gran peccato.

“Ti capita mai di fare i conti col tuo diavolo?”, chiede Nigiotti nel ritornello di Vito. Vito potrebbe essere ognuno di noi quando non trova le risposte e le cerca sul fondo di un bicchiere; quando ha paura di fare i conti con ciò che ha dentro o si sente lasciato solo, abbandonato, alienato. L’ho pensato prima di terminare di ascoltare la canzone ed alla fine ho scoperto che praticamente Nigiotti lo dice, confermando la mia percezione iniziale. Ma, d’altronde, che fossimo in sintonia lo sapevo già. Sorrido. La verità è che questo artista è molto simile a delle cose che mi piacciono ed apprezzo già tempo.

Arriviamo in Corso Garibaldi e ci fermiamo ad ascoltare il racconto di Nigiotti, il racconto di un provinciale – come lui stesso si è definito – che guarda Milano ma ci vede dentro un po’ d’America, il tutto contornato da malinconiche ed intermittenti lucette natalizie. Anche qui poco rock’n’roll. Sonorità più morbide ma senza dubbio interessanti.

Traccia numero sei di Nigio, Il Provinciale. Potremmo, per certi aspetti, collegarla alla traccia precedente. Ma il brano risulta molto più acerbo nei suoni e nel testo, mi ricorda un po’ il Grignani dei bei tempi andati, quello de La Fabbrica di Plastica. Il senso di inadeguatezza, l’incapacità di uniformarsi; l’istinto, la ribellione. Qui sento la chitarra ed immagino cosa possa diventare questo pezzo nella dimensione live.

L’ora dei tramonti con la partecipazione straordinaria di Giorgio Panariello. “Giocando a carte con questa sorte non c’è partita che si vinca veramente” ed anche questa me la segno. Pare che Enrico sia stato ispirato da una novella di Bukowski, dove il protagonista, seduto al bancone del bar, si sfoga col barista. La storia parla di un uomo che si lascia andare all’alcool – afferma lo stesso Nigiotti non per dimenticare, bensì per rivivere ancora di più una passione che sembra essere andata via, perché in certe situazioni il dolore non è altro che il cuscino per rivivere certe emozioni, vai un po’ alla ricerca del dolore e del pianto per ricevere ancora quel piacere che non hai più.” Una sorta di monologo, insomma, al quale la voce di Panariello conferisce quel giusto tocco di veridicità e poesia.

Ottava ed ultima traccia di Nigio, Notturna. Questa, un po’ pop ed un po’ dissacrante, la conoscete bene poiché è stata scelta come primo singolo. Racconta la passione di due corpi che si uniscono. Un brano “leggero”, giusto per le radio.

Nigio è un disco da gustare poco a poco, per assaporarne tutte le sfumature più nascoste; è un disco ricco di contrasti, proprio come il suo autore, dove asprezza e romanticismo convivono dando vita ad un prodotto unico.

Di Adriana Santovito

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