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“Michael Jackson. La musica, il messaggio, l’eredità artistica” di Gabriele Antonucci

by Laura Petringa

“Michael Jackson. La musica, il messaggio, l’eredità artistica”. Tutto questo è raccolto nel volume del giornalista e scrittore Gabriele Antonucci che con maestria e consapevolezza ripercorre le tappe della vita, partendo dall’infanzia, del tanto amato Michael, il bambino prodigio.

Troverete i concerti dei Jackson Five fino al riscatto con Thriller, per arrivare ai successi di Bad o agli emozionanti momenti di We are the World. Per gli amanti del gossip ci sono anche tutte  specifiche sul discusso documentario Leaving Neverland, diretto da Dan Reed, trasmesso da poco in chiaro in Italia, e incentrato sui presunti abusi sessuali che Michael Jackson avrebbe perpetrato nei confronti di due bambini, oggi adulti: Wade Robson e James Safechuck.

Il caso fece molto discutere fino quasi ad oscurare la figura del re del pop. Ma nell’unico processo a cui Michael prese parte, nel 2005 nello stato della California, venne rinviato a giudizio e la giuria lo riconobbe non colpevole verso tutte le accuse. Rispetto ad uno mediatico ben più ampio che durò più di dieci anni.

1)Chiediamo al nostro esperto come è stato ripercorrere le tappe di questo lungo cammino della vita di una stella del pop, forse LA stella del pop, un cammino così controverso

“Un’esperienza bella, faticosa e in alcuni punti perfino emozionante, visto che seguo il Re del Pop dal lontano 1987, cioè da quando è uscito “Bad”. C’è stato un grande lavoro di ricerca, attraverso libri, articoli e documentari che sono stati pubblicati negli anni su Michael Jackson. Ho letto migliaia di pagine e visto ore e ore di filmati, in relativamente poco tempo: una vera e propria full immersion! Una delle cose più difficili del libro è stata quella di cercare di fornire tante informazioni in relativamente poche pagine (circa 170) e che fosse facilmente fruibile da tutti. Esistevano già tanti libri su MJ, ma due aspetti che secondo me erano poco approfonditi da altri libri, spesso troppo prolissi e “impegnativi” in termini di pagine, erano proprio quelli musicali e quelli del messaggio insito nella sua musica (pensa all’attualità, nel 2018, di “Black or white” o di “Earth Song”), in luogo di una narrazione troppo spesso legata agli aspetti scandalistici, processuali e di gossip”.

2) Michael Jackson. La musica, il messaggio, l’eredità artistica racconta sul finale della fase Leaving Neverland. Chi ti segue o legge i tuoi articoli su Panorama.it sa che hai ampiamente trattato dell’argomento. Ma potresti raccontarci qualche chicca al riguardo? Fu un caso mediatico davvero controverso.

“Più che un documentario, come è stato spacciato dalla HBO che l’ha prodotto, è stata un’operazione deliberata di distruzione  dell’immagine di Michael Jackson, guarda caso uscita proprio nel decennale della sua morte. Un documentario sui generis a partire dalla sua singolare struttura, basata solo ed esclusivamente sui racconti di due protagonisti (le cui richieste economiche  sono state già rigettate nel 2017 da due diversi collegi giudicanti per mancanza di prove) e dei loro stretti familiari, senza prove, né voci esterne a quelle degli accusatori. Le interviste sono utilizzate per dimostrare la tesi del regista Dan Reed, che crede fermamente, senza però mai fornire la cosiddetta “prova madre”, che Michael Jackson fosse un pericoloso pedofilo. In un mio lungo articolo ho spiegato tutti i motivi logici, psicologici e giuridici per cui ritengo che Leaving Neverland non possa essere ritenuto un documentario credibile.
Mi limito qui a un solo episodio, ma piuttosto emblematico. James Safechuck, uno dei due protagonisti del film, dichiara di essere stato abusato più volte dal 1988 al 1992 (un periodo in cui Jackson aveva pubblicato due album, due libri e intrapreso due tour mondiali) in una stanza sopra la stazione ferroviaria a Neverland. In realtà i permessi per la costruzione della stazione furono concessi solo il 2 settembre 1993 e i lavori terminarono agli inizi del 1994. Quindi, fino al 1994 non c’era alcuna stazione ferroviaria a Neverland.
Ora, come si possa ritenere credibile la testimonianza di una persona che sostiene di essere stata violentata in un luogo che allora nemmeno esisteva, io davvero non lo so. I recenti controdocumentari Michael Jackson: Chase The Truth, Neverland Firsthand: Investigating The Michael Jackson Documentary e Lies of Leaving Neverland hanno dimostrato in modo inequivocabile, attraverso una minuziosa opera di debunking, come Leaving Neverland abbia così tante falle e imprecisioni da non poter essere ritenuto un documentario”.

3) Un’infanzia negata. Così si intitola uno dei primi capitoli del tuo libro. Potresti spiegarci il perché, se poi per l’appunto verrà fuori il bambino prodigio? Che passaggio ha dovuto subire Michael?

“L’infanzia negata perché Michael ha dovuto lavorare come cantante e performer fin da quando aveva cinque anni, ogni giorno. La mattina il padre-manager Joseph mostrava ai figli i passi e le coreografie che aveva imparato la sera precedente nei locali di Gary e di Chicago, mentre le prove vere e proprie prendevano il via alle tre del pomeriggio, dopo che i figli erano tornati da scuola, e proseguivano fino a tarda sera. Chi sbagliava un passo o una nota, veniva picchiato violentemente o addirittura spinto al muro o per terra. Oltre ad essere l’artista più dotato, Michael era anche l’unico del gruppo che si ribellava a quei soprusi, ottenendo in cambio ancora più lividi. Joseph era un pessimo padre, che pretendeva di essere chiamato per nome dai figli quasi a marcare il suo ruolo di manager, ma è innegabile che, senza quella ferrea disciplina, forse oggi non sapremmo nulla dei Jackson Five, dei Jacksons e del Re del Pop.
“Tutti noi siamo il prodotto della nostra infanzia”, ha detto una volta in un celebre discorso ad Oxford. “Io sono il prodotto della mia mancata infanzia. Se non si ha il ricordo di essere stati amati, si è condannati a cercare sempre qualcosa per riempire questo vuoto”. Jackson ha cercato di recuperare la sua infanzia a Neverland, un luogo che ha regalato attimi di gioia e di divertimento a centinaia di bambini e alle loro famiglie, prestando il fianco alle critiche di chi considerava sconveniente un adulto che giocava a cuscinate e a gavettoni con dei minorenni. Di fatto, quella mancata infanzia ha segnato negativamente tutta la sua vita”.

4) Nel tuo capitolo “Thriller”, c’è una meravigliosa foto con Freddie. Pochi sanno che Michael e Freddie si sono conosciuti negli anni ’80. I Queen appena usciti da Hot Space. Un album chiaramente ispirato alle sonorità di Thriller, dello stesso anno. Uscirono diversi brani da questa collaborazione, tra cui Victory, di cui non si hanno tracce e quelli di cui abbiamo nota sono State Of Shock e There Must Be More to Life the This. Le etichette però imposero di cantare State of Shock con Mick Jagger. A noi resta una dolcissima There must be more to life than this….

“Già: un duetto da sogno tra due numeri uno, di cui resta, purtroppo, soltanto “There Must Be More To Life”, originariamente cantata dal solo frontman dei Queen nel suo album “Mr. Bad Guy”. In realtà il mix di William Orbit pubblicato per la prima volta il 7 Novembre 2014 nella raccolta “Queen Forever“, iperprodotto e artificioso, è assai diverso da quello minimale ed emozionante che circola nel mercato sotterraneo dei bootleg. L’energica “State Of Shock” è stata incisa da Michael insieme a Mick Jagger per l’album “Victory” dei Jacksons, ufficialmente solo per un problema logistico, in quanto Mercury si trovava a Monaco in quei giorni. In realtà sembra che la Epic preferisse un duetto con Jagger, più appetibile dal punto di vista commerciale. In questo modo Michael avrebbe duettato sia con uno dei Beatles (McCartney) che con uno dei Rolling Stones”.

5)  Al di là di tutte le leggende, il motivo dello sbiancamento della pelle di Michael Jackson …

“Purtroppo in molti pensano ancora oggi che Jackson si sia schiarito la pelle per un vezzo estetico o, peggio ancora, per rinnegare le origini afroamericane di cui andava fiero. In realtà soffriva di vitiligine e di lupus eritematoso sistemico, due malattie della pelle autoimmuni, come conferma anche l’autopsia effettuata il 26 giugno del 2009, il giorno dopo la sua morte. La vitiligine è una malattia cutanea che porta a una progressiva depigmentazione della cute, ovvero a uno schiarimento irregolare della pelle, di cui ancora non si conosce la causa e per la quale non esiste una cura.
Una malattia che portò Michael a perdere la pigmentazione in quasi tutte le aree del corpo, lasciando la sua pelle traslucida, più che bianca. Per anni la sua truccatrice Karen Faye ha coperto la vitiligine con un pesante trucco. Quando la vitiligine si diffuse in quasi tutto il corpo, la truccatrice iniziò a schiarire le poche zone rimaste scure, in modo da mostrare un colorito uniforme. Solo allora il cantante si sottopose a trattamenti  per uniformare il colore dell’epidermide per mano di Arnold Klein, il dermatologo dei VIP. Ma ormai era quasi completamente bianco, con alcune antiestetiche macchie scure. Insomma, non si è mai sbiancato volontariamente per rinnegare le sue origini”.

6) Gabriele Antonucci. Autore, scrittore, critico (o più “Il critico come artista” come direbbe Oscar Wilde?) e amante della musica. Progetti per il futuro.

“Spero di continuare a coniugare il lavoro con la mia passione più grande e di scrivere altri libri su grandi artisti, sperando che anche un pubblico più giovane si avvicini a questi giganti della black music. Mi piace la divulgazione e non c’è soddisfazione maggiore, per me, che riuscire a trasmettere la curiosità di ascoltare musica di qualità, soprattutto in un periodo dominato dal nichilismo della trap, da scialbo indie-rock e da vuote canzoni pop-dance. Per il resto, citando lo splendido documentario su Joe Strummer, “Il futuro non è scritto”.

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