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Lory Muratti : vivere appoggiati su docili acque non è sempre facile

by Paola Pagni

Lory Muratti è polistrumentista, producer, scrittore e regista. Nato e cresciuto tra i laghi lombardi, firma per diversi anni i suoi lavori sotto lo pseudonimo “Tibe”,

facendosi conoscere nel mondo alternative rock italiano grazie al sound fortemente evocativo con cui caratterizza i suoi lavori da produttore.

LETTERE DA ALTROVE è il titolo del nuovo e originale spoken album del producer, scrittore e regista LORY MURATTI :

un concept album composto da otto tracce che si ispirano alla serie video-narrativa ideata dall’artista durante il periodo di lockdown.

Un’avventura musicale, letteraria e visiva con la quale Muratti racconta la convivenza di due amanti che si ritrovano inaspettatamente “imprigionati” in un ex ricovero barche su un lago del Nord Italia ,

a causa di una misteriosa epidemia.

Un luogo lontano dal mondo che porta i protagonisti a navigare in un limbo senza contorni,

scosso non solo dalle notizie che giungono a tratti per vie digitali, ma soprattutto dal continuo mutare delle loro emozioni.

INTERVISTA A LORY MURATTI

Ciao Lory, grazie per essere qui su Insidemusic.

Lettere da Altrove lo hai definito uno “spoken album”: il significato sembra ancora più forte di “Concept album” in quanto a legare i brani non è solo un concetto comune ma una sorta di storia. È così?

Grazie a voi di avermi accolto sulle vostre pagine per raccontare di questo mio viaggio da “Altrove”. È infatti di un racconto in musica che parliamo.

Una narrazione musicale che ha preso la forma di quello che hai giustamente definito “concept album”, ovvero una raccolta di canzoni che ruota attorno a uno stesso tema o a una medesima ambientazione, in questo caso il Lago di Monate in provincia di Varese.

In questo lavoro il “concept” si sviluppa però anche in un percorso dove le canzoni, se fruite nella loro totalità, rivelano all’ascoltatore la storia dentro la quale sono nate e che di conseguenza portano racchiusa in loro.

È un modo di comporre che sento vicino da sempre e che sono solito declinare in un romanzo e in un album ad esso ispirato.

In questo caso il romanzo non c’è (o forse non c’è ancora…) e la dimensione narrativa è quindi interamente affidata ai testi delle canzoni e alle immagini che ho cercato di evocare attraverso la tessitura musicale.

È per queste ragioni che ho collocato la mia vocalità in una dimensione declamata alla quale fanno eco una serie di voci corali, distanti ed evocative.

Uno spoken album quindi nel senso più letterario del termine dove la voce si fa guida prendendo per mano chi ascolta e portandolo dentro la storia racchiusa in queste lettere in musica.


Di che cosa si parla nell’album?

L’album ha iniziato a prendere forma nei miei pensieri quando, durante l’isolamento della scorsa primavera, mi sono avventurato nella produzione/pubblicazione istantanea di una serie audio-video-narrativa apparsa sul web a puntate.

Si intitolava già “Lettere da Altrove” e, nella forma letteraria, musicale e visiva che avevo scelto per delinearla, somigliava in tutto a una raccolta di missive spedite dal futuro a colei che, in quella ormai lontana primavera (in realtà all’epoca presente), aveva condiviso con l’autore un imprevisto e forzato isolamento.

Uno spunto che ha preso inizialmente forma dentro a brevi video dove il testo era accompagnato ogni volta da un’immagine/cartolina e da una colonna sonora originale che andavo producendo in parallelo.

È stato grazie a quel progetto che ho potuto rielaborare il vissuto di quei giorni deserti e surreali trasmutandolo in qualcosa che, ai miei occhi, potesse essere ricordato anche per altri motivi.

È quindi l’incedere ipnotico di settimane di silenzio all’interno delle quali si snodano le dinamiche emotive e psicologiche dei due protagonisti, il cardine attorno al quale si sviluppano temi e suggestioni dell’album.

La vicenda narrata ha preso così forma con il procedere delle puntate e, pur partendo da dove mi trovavo (l’ex ricovero barche trasformato in casa-laboratorio dove vivo e lavoro) e da come mi sentivo, prendeva poi una strada propria portandomi a esplorare una dimensione più corale.

I sentimenti che molti di noi hanno provato, i conflitti interiori di quel tempo difficile si affacciano tra i brani grazie alla tensione emotiva dentro la quale si muove il protagonista della storia e con lui una presenza femminile dai contorni quasi fantasmagorici.

“Lettere da altrove” sembra rivolto alla sensazione di estraniamento provata in certe situazioni, ed anche le sonorità sembrano arrivare appunto ad un altrove indefinito, quasi come una nebbia che avvolge le parole.

Perché hai voluto rendere questi contorni così sfumati?

Trovo che le immagini che mi proponi siano in effetti molto sintoniche al sound del lavoro e ben rappresentino la dimensione tipica in cui scorre la vita sulle sponde di un lago.

Qui, nell’arco dell’anno, i giorni di nebbia pervasi da un potente senso di estraniamento sono infinitamente di più  di quelli di sole con le barche cariche di bagnanti divertiti.

Vivere appoggiati su acque dolci non è sempre facile, è un luogo incredibilmente denso, ricco di splendide suggestioni, ma capace anche di indurre importanti sbalzi d’umore.

I luoghi che viviamo ci abitano a loro volta e influiscono sia consapevolmente che inconsciamente sulle nostre personali inclinazioni, su come osserviamo la vita e, non da ultimo, sulla musica che produciamo.

Non a caso si trova spesso grande sintonia nel percorso di quegli artisti che respiravano i medesimi territori, geografici e intellettuali, nello stesso periodo.

Questo non solo perché si influenzavano vicendevolmente, ma anche e soprattutto perché i luoghi stessi avevano un’influenza sul loro modo di sentire.

Per fare un esempio tra migliaia basti pensare all’età del jazz, a cavallo tra le due guerre in Europa, in particolare a Parigi e all’incredibile epopea di scritti, musiche, opere d’arte che ci ha lasciato.

Tutte incredibilmente sintonizzate, nelle loro caratteristiche peculiari, su un sentire comune e fortemente libertario.

Tornando alla dimensione lacustre e ai contorni sfumati della mia produzione credo quindi che la sospensione del tempo, la dislocazione interiore,

il luogo che si fa non-luogo dove tutte le emozioni sono di passaggio come nella hall di un hotel, siano le fondamenta da cui le atmosfere del disco e le mie parole scaturiscono.

Secondo te per capire bene l’album è necessario ascoltare i brani seguendo un ordine preciso?

Un’esperienza di ascolto tradizionale, ovvero dalla prima all’ultima canzone senza interruzioni, può di certo aiutare a costruire un film dentro la propria mente.

Abbandonarsi al racconto che si regge in equilibrio non solo sulla voce, ma anche sull’arrangiamento musicale, e lasciarsi guidare in quella che amo definire “un’esperienza di ascolto” è vivamente consigliato.

Detto ciò, ogni brano ha una sua autonomia e racchiude in sé alcuni degli aspetti fondamentali che mi hanno mosso nel creare quest’opera.

L’ascolto libero è quindi altrettanto possibile e l’invito in quel caso è a sperimentare e magari a suggerirmi un ordine differente per le canzoni che, narrando di un tempo che ricade su sé stesso, potrebbero anche trovare un differente rapporto fra loro svelando quindi nuovi significati.


Questo album sarebbe mai esistito se non ci fosse stato il lockdown?

No, questo album non esisteva nei miei programmi prima del lockdown ed è nato come “progetto rifugio” in quelle settimane ovvero come spazio di creatività totalmente libero e privo di sovrastrutture.

Non sarebbe potuto esistere se non avessi attraversato quell’esperienza ritrovandomi isolato in un luogo così particolare, in quei tempi e in quel modo.

Ero davvero “Altrove”, fisicamente e mentalmente e sono grato di aver potuto, grazie a questo progetto, dare un senso diverso a un tempo per noi tutti difficile e tormentato.

Un senso che spero di cuore possa ritrovare anche chi ascolterà.

Non temi il fatto che questo lavoro venga legato a doppio filo ad un periodo storico preciso e che quindi fuori contesto non mantenga il suo significato originario?

Ci sono innumerevoli lavori in musica, in letteratura e nell’arte in genere che sono legati a doppio filo a un periodo storico preciso e non per questo hanno perso di significato nella distanza con quel momento.

Le nostre vite e le nostre storie, da un punto di vista emotivo, procedono quasi incuranti del contesto che abbiamo attorno.

Amore, speranza, terrore, abbandono, rabbia, gioia, baratro, tregua e qualsiasi altro tema universale ci possa venire in mente, esiste dentro di noi in forma assoluta a prescindere dal quando, dal dove e da cosa ci accade attorno e, quand’anche fosse influenzato dagli eventi del mondo, non è poi comunque di emozioni dell’individuo che parliamo?

Emozioni che esistono da sempre e che sempre esiteranno.

Forse che la storia di due amanti separati dalla guerra in un lontano scorcio di inizio secolo non possa appassionarci ancora oggi?

Spero quindi che lo stesso potranno dire un giorno della storia di due amanti che si ritrovano imprigionati in un ex ricovero barche a causa di una misteriosa epidemia.

Tanto più che non è certo del virus che si occupano i miei testi, bensì della condizione umana, emotiva e psicologica dell’individuo, della mancanza di certezze e della fede in qualcosa o qualcuno che, reale o immaginato che sia, può essere comunque motivo di forza nell’assenza.

È per altro proprio questo il ruolo che ho riservato alla compagna che abita le canzoni di questo viaggio immobile e credo fermamente che questo tipo di dialogo emotivo non abbia tempo.

Il lockdown inteso nel senso più violento che il termine porta con sé, gli aspetti sanitari e politici, la speculazione su possibili cause o soluzioni dell’emergenza sono tutte cose che non compaiono in alcun modo in questo lavoro e che non era infatti nelle mie intenzioni analizzare.

Il vinile blu è bellissimo, così come anche la copertina: la scelta del blu è solo cromatica o si lega ad altri significati?

Sono felice che il blu del vinile ti sia piaciuto perché anch’io me ne sono innamorato vedendolo stampato.

Lo splendido progetto visivo è di Nicola Chiorzi, stimato graphic designer e caro amico con il quale ci siamo indirizzati in questi territori cromatici con grande spontaneità.

Anche Nicola è cresciuto su quel lago e ha saputo trasporre al meglio l’anima acquatica, malinconica e al contempo luminosa che permea il luogo e le mie composizioni.

Se frequenti per lungo tempo le sponde scopri che un particolare tipo di blu contaminato di verde è una presenza costante, non solo nelle acque, ma anche nei tramonti.

È lì che, tra lago e cielo succedono strane magie, soprattutto in quei brevi istanti in cui il sole va a scomparire oltre la collina. Un momento che amo definire come “l’ora turchese”.

Il blu del vinile è quindi un omaggio a quel momento, a quell’ora magica che si lascia intravvedere appena prima che cali la notte e che è in genere la più emozionante e la più ricca di visioni.

vinile

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