Home News Liberato in concerto il 9 maggio: “del suo personaggio è importante la riduzione delle distanze, non scoprire chi sia!”

Liberato in concerto il 9 maggio: “del suo personaggio è importante la riduzione delle distanze, non scoprire chi sia!”

by InsideMusic
pino daniele

Chi è Liberato?”, la domanda di mezza Italia nell’ultimo anno. Il fenomeno scoppiato esattamente il 9 maggio 2017 è già fenomeno.  Proviamo secondo un ragionamento, da bravi 007, a raccogliere i dati a nostra disposizione e a farci un’idea sulla mente di questo progetto, più che sulla sua effettiva identità, ammesso e non concesso che Liberato sia davvero una persona fisica. Questa domanda torna impellente in queste ore, dopo l’annuncio del trapper sui suoi canali social, del suo concerto evento mercoledì 9 maggio, sul lungomare di Napoli, evento a cui – noi Insiders – presenzieremo.


– Sentito “Liberato I”? Secondo me è l’intro dell’album, e ci sono degli indizi sulla sua identità.

– Si. Beh sicuramente ci sono delle date

– Alcune date le ricavi dal brano. Probabilmente perdiamo solo tempo come Jim Carrey in Number 23, ma proviamoci. La versione della tammurriata è quella della NCCP, datata 1974. Anno di nascita del nostro? Chissà!

– Tu sai troppe cose e vuoi sfottermi. O hai solo voglia di perdere una mattinata.

– No, giuro! Comunque la canzone del finale è senza giacca e cravatta di Nino D’Angelo: 1999.

Si. E le altre tre: Live Fast, Die Young di M.I.A del 2012, Telegraph Ale di Childish Gambino del 2014 e Munasterio E’ Santa Chiara di Murolo: 1945. Date a caso!

– Appunto. Altro anno di nascita? Oppure indizio che liberato è un artista maturo?

– Dalle didascalie da 40enne che mette su Facebook è un ipotesi credibile.

– Inoltre 9 Maggio. Potrebbe chiaramente nascondere messaggi politici, o comunque storici: la morte di Peppino Impastato e Aldo Moro nel 1978, la fine della seconda guerra mondiale nel 1945. Data di uscita di Munastero, tra l’altro. E poi c’è anche in mezzo uno scudetto della Roma dell’84, che avellerebbe la tesi realistica di un collettivo indie Roma-Napoli.

– Complottismo a parte la vera quadratura del cerchio sarebbe la storia di Ciro Esposito. Fu sparato il 3 Maggio e non il Nove, prima dei tremendi 50 giorni di agonia. Ma l’unica citazione presente nei testi delle due canzoni è di Tammurriata Nera, il cui protagonista è un bambino di nome Ciro. L’unica parte del testo citata è “So rimasta sotto a’botta ‘mpressiunata”. Inoltre l’iconografia Ultras è presente ovunque, dalla rosa, simbolo di Liberato, al Font usato all’abbigliamento dei protagonisti del video.

– Potrebbe essere. Anzi, sarebbe suggestivo ci fossero riferimenti alla vicenda, data l’estetica ULTRAS che avvolge il personaggio, dall’abbigliamento ai Font simili ad alcuni gruppi delle Curve.

– Bhe. Intanto concentriamoci sul concreto. Probabilmente I Quattro pezzi della intro rappresentano solo le Quattro influenze principali del progetto: gli elementi del mash-up di questo nuovo Pop a metà tra Rap, Trap, Eletro Pop, Indie e melodica napoletana (che forse è la risposta principale, vi consiglio di sentire bene le basi di alcuni dei pezzi nuovi di Franco Ricciardi, ma bene bene). Con molta probabilità si tratta di un progetto a metà tra video e musica, dei brevi esercizi di narrativa mista, piuttosto che un progetto musicale tout court, qualcosa nato per gioco e diventato qualcosa di più, forse. E poi, se c’è qualcosa di rilevante in tutto questo, non è certo vero nome di Liberato.

LIBERATO E’ RIDUZIONE DELLE DISTANZE; NON SCOPRIRE CHI SIA

Non mi interessa chi è costui. Anche perché è una storia già vista quella dell’anonimato: Daft Punk, Gorillaz (per una prima fase) e tanti altri. Non ho le competenze e le capacità per dirvi se mettere il Trap, il neomelodico e i beat chiatti che si portano mò in un frullatore porti a risultati notabili, a parte gli ex puristi punk che hanno venduto chitarra e collari borchiati per comprare il primo Synth che accusano come i pazzi. Siamo con tutta probabilità di fronte a un progetto con forti basi economiche, che potrebbe avere dietro Satana, o ancora peggio: Calcutta. Ma il vecchio saggio una volta mi disse che nell’equilibrio degli eventi è meglio un proiettile sparato per uccidere un innocente che rimbalzando uccide il carnefice che viceversa. Quali che siano le intenzioni: che ci sia dietro Sky, Gomorra, Luché o De Laurentiis; io voglio parlare dei risultati.

E non di quelli musicali, di cui importa relativamente, ma di quelli sociali. Liberato è di fatto un riduttore di distanze: sociali, culturali e, come metafora, urbane. Nei video di Tu te Scurdat e Me, Into Street e Te Vojo Bene Assai, come mi ha fatto notare l’amico Puck_Do a cui devo questa parte del ragionamento: gli spazi urbani si riducono, attraverso la storia d’amore tra i due protagonisti. Le Torri di speranza e degrado di Pica Ciamarra di Fuorigrotta, presenti anche in 9 Maggio, i palazzi rotondi di Aldo Loris Rossi ai Ponti Rossi, le scatole ghettizzanti della periferia nord “travasate” da Lecorbusier, i vicoli del Centro, Posillipo; nei video di Francesco Lettieri sono un unicum senza distanza. I temi della pianificazione urbana delle divisioni sociali, vedete ad esempio il caso Pruitt Igoe, sono il tema nascosto più interessante della storia. Sia all’occhio di chi vede Napoli senza conoscerla che per chi, da dentro, vive ogni giorno lo strappo umano enfatizzato dalle sue distanze urbane. Nel video di “Tu te Scurdat’e me” il concetto, dal piano urbano, passa alla sceneggiatura. Una storia vissuta da ogni ragazzo del ghetto: l’archetipo Ryan Atwood di OC che si innamora della chiattilla carina, riesce a stare con lei, la porta nel ghetto, sembra tutto ok poi BAM: “AH ASPE MA TU SEI POVERO, PUSSA VIA!”. Un amore adolescenziale che distrugge le distanze tra la periferia di cemento da cui arriva lui e le case dal soffitto alto del Corso, in cui vive lei: in una Napoli puntiforme grazie alle emozioni. Che usa parole e codici di linguaggio dei Movimenti e gli spazi, appunto “liberati” che la stanno davvero rinnovando.

Nonostante l’estetica della produzione ricordi la falsa riga nata con Gomorra, ragionandoci, non vi ha nulla a che vedere. Non si tratta di un prodotto che percepisco usi la napoletanità (brand estremamente vendibile al momento) come schema per raccontare il nulla, ma un prodotto che racconta storie universali e semplici nello schema culturale napoletano, così come è oggi. Il che non è una differenza da poco: ma quella che per Mckee definisce la differenza tra banali stereotipi e archetipi. La semplicità dei testi (definirla banalità vestirebbe tutto di un inutile connotato soggettivo), la fruibilità trasversale della musica, la storia dei video, raccontano tutti assieme di una città in continuo movimento verso e contro le diverse realtà di se stessa. Dove brevi e isolati momenti, come la bellissima scena del gruppo di scugnizzi che entra nel club grazie all’interposizione della ragazza, riescono ad eliminare i cleavages che spaccano i napoletani in sotto-gruppi sociali stagni. Non so se mi pentirò di quello che ho detto, se si scoprirà che dietro c’è il peggio dell’umanità. So che non avevo mai cantato la stessa canzone napoletana assieme a sconosciuti, scugnizzi, vomerini pieni di spocchia e gente che sente solo musica di merda. E che la cosa trasmette un forte senso d’identità, che ci piaccia o no. Che sa raccontare bene la Napoli che amo. Non quella schiava del citazionismo sterile del suo passato che ha trasformato in ridicoli stereotipi, ma quella che distrugge le sue distanze con sempre maggiore forza.

Liberato è come quel quadro bellissimo di Van Wittel in cui i poveri senza calzari e ricchi, aristocratici e mercanti possono essere facilmente distinti ma cammino tutti, uguali, sulla stessa Darsena, con lo stesso sale in faccia. Liberato, forse, lo incontreremo mercoledì, in un concerto sul Lungomare – Liberato, appunto, di Napoli, in cui presenterà il  suo disco, o chissà cos’altro ancora.

A cura di Davide Di Lorenzo e Fabiana Criscuolo

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