Giacomo Voli. Tutti ce lo ricordiamo per il secondo posto ottenuto alle finali di The Voice 2014 e per l’esecuzione, da brividi, della sua versione di Impressioni di Settembre, storico pezzo del complesso prog Italiano Premiata Forneria Marconi. Conclusasi la parentesi The Voice, però, a differenza di molti altri partecipanti ai talent, la sua carriera ha visto un decollo strepitoso. Frontman di Rhapsody of Fire, Teodosia e anche artista solista, Giacomo ha dimostrato di avere le carte in regola per divenire non una semplice meteora nel panorama musicale italico ma ben si di potervi entrar dentro direttamente dalla porta principale.
Oggi, con Inside Music, vi proponiamo un’intervista esclusiva. Un fritto misto di domande tra talent, carriera solista, R.O.F, audaci consigli e non solo.
1. L’esperienza “The Voice” è senza dubbio stata di grande importanza per la tua carriera musicale. La consideri come il principale motivo del tuo attuale successo o, probabilmente, saresti riuscito a far fruttare il tuo grande talento anche senza di esso?
Urca che domanda… è un po’ come chiedere la pace nel mondo!!! Scherzi a parte… spero e credo che il mio impegno avrebbe potuto valorizzarmi e farmi lavorare con la musica anche senza quell’occasione, d’altra parte è stato un motivo anche di crescita per me. Il talent mi ha dato visibilità e di pari passo ho voluto pretendere di più da me stesso (tecnicamente parlando) perchè volevo approfittarne per crescere professionalmente. Ed eccoci qui, quell’occasione mi ha permesso di affinare la tecnica, di inquadrare ciò che mi rende personale e di entrare a fare parte di realtà musicali di prestigio. Se non avessi avuto quell’occasione forse avrei continuato a fare tributi, lasciando la composizione originale in secondo piano… chi può saperlo?
2. Piero Pelù è uno dei simboli della musica Italiana. Un vocalist fenomenale e un personaggio di grande carattere e presenza. Come è stato lavorare con lui? Quanto ti ha regalato in quanto a formazione e crescita personale?
Conservo tutt’oggi tanti ottimi consigli, che spaziano dalla scrittura dei testi all’arrangiamento, per continuare sull’intrattenimento che è richiesto ad un frontman! Piero è sicuramente stato importante e lo ringrazio per il tempo ritagliato per fare qualche chiacchiera e per il sostegno che mi ha dato nei primi mesi successivi al talent.
3. Un cantante estremamente duttile dalla natura, però, spiccatamente rock/metal a un talent show televisivo. Consiglieresti una simile esperienza a giovani emergenti provenienti dal tuo stesso genere e intenzionati a rimanervi?
L’esperienza in sé credo faccia bene. Dico questo pensando che anche i “contro” di certe esperienze possono farci crescere. Per esempio possiamo renderci conto del nostro “valore” paragonato a quello di moltissimi altri talenti che possiamo conoscere in quegli ambiti, possiamo chiederci se siamo in grado di migliorare, possiamo capire quanto conta l’immagine in certi ambienti e se siamo davvero disposti a trovare dei compromessi e così via. Non è l’esperienza in sé che fa male, ma le conseguenze psicologiche alle quali porta. Quelle occasioni ti portano su un palco illuminato da professionisti, circondato da ballerini professionisti con scenografie create ad hoc, musicisti professionisti che non sbagliano una nota, un pubblico entusiasta che risponde a qualsiasi gesto, parola o cenno. Queste condizioni sono assolutamente lontane da ciò che significa suonare e fare musica nella vita reale, a meno che il tuo progetto e il tuo personaggio non siano già all’altezza di artisti affermati a livello nazionale. Questo sconforta i più se non ci si rende conto che bisogna affrontare i talent per ciò che portano: VISIBILITA’.
4. Conclusa la parentesi “The Voice”, a differenza di molti vincitori di talent, hai avuto le capacità per riuscire ad importi nel mondo della musica rivelandoti non una meteora ma ben si una realtà di fatto del panorama musicale Italiano. I tuoi coinvolgimenti in numerosi progetti di grande rilievo ne sono di fatto la dimostrazione. Su tutti i “Rhapsody of Fire”.
Cos’ha significato per te potersi unire a una delle band Metal più emblematiche del panorama Italiano?
Un onore… l’occasione più importante della mia vita!
La dimostrazione che il proprio impegno va al di là delle etichette, portando i cari amici Alex Staropoli insieme a Roberto De Micheli (tastierista e chitarrista dei R.O.F.) a scommettere su di me, guardando oltre le apparenze.
Credo che possa essere il destino di chiunque cerchi di essere “completo” e professionale, con un’occhio attento alla tecnica ma che cerca anche di emozionare.
Non facile, ma possibile.
5. Con “Legendary Years”, raccolta di brani storici della band, i Rhapsody hanno ben pensato di presentare la tua voce ai loro fan. È stata dura per te gestire la reinterpretazione delle linee vocali di Fabio Lione? E come ti è sembrata la reazione dei fan della band?
…. OF FIRE! Ahahaha!!! Perdona la pignoleria, ma è proprio il motivo per il quale dobbiamo chiarire l’attuale confusione! I Rhapsody of Fire sono Giacomo, Alex, Roby, Alessandro e Manu, e i fan più curiosi l’hanno capito molto bene e hanno accolto il nuovo sound di buon grado. Hanno accolto ancora meglio ciò che sappiamo sprigionare dal vivo e durante il tour abbiamo sottolineato che il feeling nella band è pazzesco. Ovviamente ci sono stati anche dei malcontenti, era inevitabile. Penso che tra qualche anno guarderemo a certi commenti sorridendo! Ho trovato molto divertente poter cantare i pezzi storici e sarà ancora più bello affrontare i nuovi!
6. Una domanda che può sembrare indiscreta. Anche se forse è ancora precoce, vi è già qualcosa di specifico in porto con i Rhapsody Of Fire? Immagino saranno in molti a volerti sentire alle prese con nuovi pezzi e nuovi testi.
Certamente, stiamo lavorando al nuovo disco, e non vedo l’ora anche io di poter fare ascoltare al mondo il sound che nascerà dalla nuova formazione e dal metodo di registrazione e mixaggio più raffinato sperimentato su “Legendary years” grazie al lavoro strepitoso di SeebLeverman (Orden Ogan).
7. “Prigionieri Liberi”, uscito nel settembre del 2017, è il tuo primo album solista. Di conseguenza tutti si aspettano di sentire e conoscere l’identità musicale di “Giacomo Voli” nella sua dimensione più naturale. Cosa ne ha ispirato la nascita e, soprattutto, cosa volevi raccontare al mondo tramite questi tuoi veri e conclamati primi pezzi da solista? Sono per te un buon modo per conoscere nella maniera più pura il “Giacomo” artista?
Certamente!
E’ un album autoprodotto e maturato in due anni e mezzo, perciò molto rappresentativo di ciò che sono e che desidero dalla mia musica.
Ovviamente credo che il disco “migliore” sia sempre il prossimo, eheheheh, però devo dire che sono soddisfatto del risultato.
In sostanza volevo trovare un ottimo compromesso tra la musica che mi piace (Rock, metal, grunge, prog, pop) e l’italiano come lingua preziosa e ricca.
Per farlo ho lavorato insieme ad una co-autrice, Daniela Ridolfi, con la quale ho potuto prendermi i tempi giusti per essere sicuro che ogni parola fosse al posto giusto, che i ritmi e le tematiche del disco fossero coerenti, che si potesse spaziare dai brani carichi alle ballate, dai brani ironici ai brani impegnati senza però perdere personalità.
La nascita è ispirata dalla title-track “Prigionieri Liberi”, che funge da specchio per moltissimi aspetti della società odierna, racchiudendo in questo ossimoro una verità: ognuno di noi è prigioniero in qualche modo, ma ha sempre la possibilità di liberarsi se lo vuole davvero.
Ringrazio ovviamente i ragazzi che mi accompagnano in questa avventura, Riccardo Bacchi, Mattia Rubizzi, Federico Festa e Demis Castellari; il fonico Romeo Chierici che ha mixato le registrazioni nello studio “Macchina Magnetica” insieme a Tommaso Galvani;
Giovanni Versari dello studio “La Maestà” che ha masterizzato egregiamente il disco.
8. Tra carriera da solista, R.O.F e Teodasia sarai senza dubbio estremamente impegnato. Nonostante ciò ancora oggi prosegui nella tua carriera da insegnante. Cosa ti spinge a farlo e, soprattutto, com’è il confrontarsi con nuove leve alla ricerca di uno spazio nel panorama musicale e, soprattutto, essere il loro mentore?
E’ uno stimolo importantissimo e ringrazio davvero anche i miei allievi per lo scambio reciproco che si crea ad ogni lezione. Mi considero più una guida… nel mio piccolo ho già potuto sperimentare molte situazioni dove la tecnica ti salva dall’emozione, dove la comprensione di uno strumento incredibile come la voce può aiutare anche ad esplorare i meandri di ciò che sembra più naturale, come le emozioni che vogliamo trasmettere. Sono spinto dalla voglia di avere un lavoro che mi permette di avere orari flessibili e che possa incastrare all’attività live, siccome oggi come oggi non si può sopravvivere di tour senza rinunciare ad una vita privata. Per oggi è così, domani chissà!
9. In conclusione. Un giudizio sincero sulla scena musicale rock/metal Italiana? Come potrebbe essere migliorata? Vi è spazio nel nostro paese per artisti emergenti?
Credo che la musica “soffra” sempre, in ogni decennio ci sono stati cambiamenti importanti.
L’italia soffre in modo particolare per via di uno svilimento generale, per la poca considerazione che viene data al prodotto di un artista (quello con la A maiuscola), che richiede anni di sacrifici e investimenti di denaro notevoli.
Oggi la musica viene ascoltata direttamente dalle uscite audio di un cellulare, e fare distinzioni tra i generi non so quanto possa aiutare, nel senso che qualsiasi genere viene “appiattito” da questa realtà.
Sembra paradossale, ma forse chi fa rock o metal può ancora sperare di trovare degli ascoltatori che portano il disco in macchina o lo ascoltano su un impianto audio degno di nota in casa e con il mood giusto.
Questo succede perchè sono generi che trasmettono genuinità, strumenti suonati, voci espressive e grintose, con momenti dolci che risultano ancora più potenti visto che si alternano a questa forza strepitosa.
Credo ci sia sempre spazio e che dire “E’ già stato tutto fatto” è la morte dello spirito creativo.
Non è sicuramente facile creare qualcosa che non “ricordi” altre canzoni o opere ma, in fondo, ogni generazione ha avuto le stesse problematiche! La musica medioevale ha influenzato la classica, la classica ha influenzato il jazz, il jazz ha influenzato lo swing, e così il blues e il rock n roll e, credimi, potrei continuare ancora per molto. Credo gli italiani possano avere lo spazio per sperimentare la propria lingua proprio su quei generi che non sembrano adatti per creare qualcosa che non esiste!
Forza e coraggio, come diceva il buon Mike 😉
di Lorenzo Natali

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