Home Live Report I 40 anni di Animals nel magnifico tributo dei Pink Floyd Legend

I 40 anni di Animals nel magnifico tributo dei Pink Floyd Legend

by Luca.Ferri
PinkFloydLegend copertina

40 anni di “Animals”. Esattamente 40 anni fa, il  21 gennaio del 1977, usciva “Animals”, decima fatica dei Pink Floyd. Un album caratterizzato da una forte impronta watersiana, voluto così crudo e violento proprio da Roger Waters.

Di lì a poco infatti il bassista prenderà pienamente in mano le redini del gruppo innescando tutti i dissidi interni che caratterizzeranno le future vicissitudini dei Pink Floyd. Un album questo pienamente inspirato alla “Fattoria degli animali” di Orwell, a cui Waters da un’ impronta ancora più violenta dello stesso racconto e con numerosi riferimenti strettamente legati all’attualità che i Pink Floyd vivevano e ai personaggi che animavano la scena politica, soprattutto (e ovviamente) nel brano “Pigs”. Durante l’esecuzione live di questo pezzo, non era difficile che accadesse che lo stesso Waters si lasciasse andare ad insulti ed improperi nei confronti di specifici politicanti e personaggi dell’epoca. Un album crudo, duro e politico quindi, caratterizzato da un sound progressive con chiare tonalità di punk, che proprio in quegli anni prendeva piede in Inghilterra.

Un salto indietro di 40 anni. Quello a cui abbiamo avuto la fortuna di assistere ieri sera all’Auditorium Conciliazione di Roma rasenta l’incredibile. Chiudendo gli occhi e lasciandoci avvolgere dalle vibrazioni delle sonorità fuori dal tempo dei Pink Floyd Legend  veniamo catapultati nei concerti di Roma nel 1994 o  a Venezia nel 1989. Lo scrivo senza paura di essere smentito. Ieri sera abbiamo assistito alla magnificenza. Quei cinque signori sul palco e le loro straordinarie tre coriste ci hanno permesso di rivivere un live dei Pink Floyd 22 anni dopo la loro separazione. Non una improvvisata cover band ma una vera e propria Tribute Band. Il concerto è stato diviso in due parti nette, la prima fatta da successi dei Pink Floyd presi da vari album e la seconda parte riempita quasi esclusivamente dall’esecuzione di “Animals”. Andiamo per ordine.

BUM!!!. L’Auditorium della Conciliazione di Roma è pieno in ogni ordine di posti, riempito da un pubblico eterogeneo: adulti, giovani, giovanissimi e bambini. Non era raro vedere genitori che spiegavano ai figli cosa fossero i Pink Floyd e che cercassero di dare strumenti per comprendere la bellezza di quello che stavano vivendo. E di bellezza ne stavamo per vivere tanta. Calano le luci, un leggero fumo riempie la sala, i Pink Floyd Legend salgono sul palco. Fabio Castaldi, il nostro Waters, indossa un lungo cappotto che ricorda quello indossato dagli ufficiali delle SS, ai piedi del palco ci sono quattro guardie armate di manganelli che osservano il pubblico induriti. Nel frattempo si sentono chiaramente le note di “In the flesh”. Le luci illuminano il pubblico come se cercassero qualcuno e si fermano su due spettatori (ovviamente commedianti) che indossano la kippah. Questi vengono immediatamente aggrediti dalle quattro guardie e portati fuori dalla sala, in una suggestiva fictio scenica. Intanto nel tipico oblò dei Pink Floyd posizionato al centro della parete alle spalle dei musicisti, scorrono le immagini di “The Wall” , con i martelli marcianti, per sottolineare lo stretto e ovvio legame tra quello che stavamo vedendo in sala e il messaggio preponderante dell’album. Mentre continua a vibrare nell’aria “In the Flesh”, con una perfetta citazione, un aereo parte dalla seconda balconata di sinistra dell’Auditorium e va a “schiantarsi” sul palco. BUM. Esplosione di luci. Si comincia!

Shine! La cura delle scenografie, delle luci è maniacale. Tutto richiama ai live dei Pink Floyd ma senza dare quella sensazione spiacevole di posticcio e arrabattato. Tutto è autentico. Incredibilmente autentico. Siamo dentro ad un vero concerto dei Pink Floyd. Luci, fumi, led ci portano in un mondo rarefatto quando il tastierista Simone Temporali inizia a suonare “Shine on you crazy diamond”. Quel lungo suono iniziale ci immerge dentro il brano, non siamo più a Roma, siamo altrove. Il chitarrista Andrea Fillo, il nostro David Gilmoure, fa vibrare i nostri sentimenti con  le dita che toccano le corde della sua chitarra. C’è commozione in sala.  Finito il brano nello scrosciare di applausi della platea, iniziano a scorrere nell’oblò le immagini di numerosi orologi: è il momento di “Time”. Ormai noi presenti siamo tutti catturati da quello che stiamo vivendo. E’ una magia ed i maghi sono i cinque musicisti sul palco. Il suono della tastiera ci porta ad assistere al “grande concerto nel cielo”: è il momento di “The Great Gig In The Sky”. Le tre coriste si alternano nei virtuosismi vocali propri del pezzo aprendo le cataratte del cielo e facendoci partecipare alla magnificenza. Serve un intervento per smorzare tutta questa emozione che potrebbe far male. (S)Fortunatamente  arriva. Un problema tecnico fa saltare le luci concedendo qualche minuto di pausa al pubblico completamente esausto dalle emozioni da poco vissute. Si riprende.

Sul palco il pupazzone rappresentante il maestro austero e dispotico di “The Wall” si muove sulle note di “Another Brick in the Wall”.  I successi della band inglese si susseguono e sono tutti magistralmente interpretati dai Pink Floyd Legend che riescono nell’ardua sfida di risultare autentici pur rimanendo perfettamente allineati all’esecuzione originale dei brani: “Get Your Filthy Hands Off My Dessert”, “The Fletcher Memorial home”, “Money” e “ High Hopes” chiudono questa prima metà di concerto. Il pubblico è stordito ed in visibilio. Il rischio di cadere vittime della sindrome di Stendhal è alto.

L’intervento di Andrea Scanzi e “Animals”. Dopo la breve pausa il concerto riapre con un video documentario proiettato nell’oblò che vede protagonista il giornalista Andrea Scanzi, presente in sala, che spiega al pubblico la storia dell’album ed i suoi contenuti. Finita la proiezione si ricomincia a suonare. I musicisti tornano sul palco fra gli applausi indossando delle magliette con dei maiali sopra. Ci siamo. E’ il momento di “Animals”. Il maiale rosa gigante con lo sguardo malvagio, come vuole la tradizione, si libra in aria.  I Pink Floyd Legend ci donano un’ora di musica continua in cui riproducono l’album tutto d’un fiato, senza pause tra un brano e l’altro. Il pubblico è totalmente rapito. Ogni pezzo, ogni cambio è perfettamente assemblato e si sussegue senza errori. Siamo dentro la “fattoria di Waters” e ci passano davanti “Pings on the Wings part 1”, “Dogs”, “Piggs”, “Sheep” e in conclusione “Pigs on the Wings part2”. I Pink Floy Legend si esibiscono in una fiera di bravura e fedeltà che lascia ogni partecipante al pubblico senza parole.

Le perle finali. Il concerto va verso la sua conclusione. Il  famosissimo reef di chitarra ideato da David Gilmoure ci dice che è il momento di “Wish you Were Here”. Nell’oblò viene proiettata la foto di Syd Barrett, il protagonista della canzone. Il pubblico ormai è sfinito da tanta emozione, stordito, quasi “Piacevolmente Insensibile” e proprio con “Confortambly Numb” la meraviglia purtroppo è finita. I Pink Floyd Legend salutano velocemente il pubblico per poi dare più attenzioni a tutti gli stanti nella hall di ingresso dell’Auditorium. E proprio incontrandoli l’unica parola che ci viene da dire a questi straordinari musicisti è Grazie.

di Luca Angelini | foto di Laura Sbarbori

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