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Gianluca Grignani: un prodotto non esattamente ben plastificato

by Adriana Santovito

Lo conosciamo tutti Gianluca Grignani. Lo conosciamo per la sua musica, fuori dagli schemi. Lo conosciamo per i suoi eccessi, per le sue debolezze.

Nato a Milano nel 1972, esordisce nel 1994 sul palco dell’Ariston con il brano La mia storia tra le dita. Ma il vero successo arriva l’anno successivo. Dopo Sanremo Giovani, il poco più che ventenne cantautore milanese si ritrova nuovamente su quello stesso palco ma stavolta tra i cosiddetti “big”, con il brano Destinazione Paradiso.

Teen idol indiscusso degli anni ’90, cercherà molto presto di scollarsi di dosso quell’etichetta di bello e dannato che inizialmente però si rivela per lui sinonimo di fama e popolarità.

Assente dalle scene per un po’, la leggenda narra infatti che il giovane cantautore sia scappato forse in Sud America per sfuggire all’onda del successo (rifiutandosi di cavalcarla).

Considerato morto per overdose da alcuni, Grignani ricompare per far sapere a tutti che in realtà è vivo e che si fa le pere, sì, ma solo di Nutella.

Dunque, è il 1996 quando quel ragazzetto con i capelli lunghi ed il maglione sdrucito che si pavoneggiava sul palco di Non è la Rai turbando gli animi del pubblico femminile lascia il posto ad un Grignani nuovo, che non gioca più a fare il duro ma che forse duro lo sta diventando davvero.

La lunga chioma che lo aveva contraddistinto e caratterizzato fino a quel momento non c’è più. Adesso i suoi capelli sono corti, disordinati, come se qualcuno avesse preso un paio di forbici e li avesse tagliati rabbiosamente a caso. Anche il suo modo di vestire è cambiato. Lo vediamo esibirsi indossando canotte, giacche e jeans stracciati.

Il mondo ovattato delle case discografiche, che sfornano artisti in serie fatti con lo stampino e privati di ogni tipo di potere decisionale, lo ha deluso. E da qui nasce la sua ribellione, la sua fuga, come racconta lo stesso artista, preoccupato dal fatto che il suo aspetto potesse distogliere in qualche modo l’attenzione dalla sua musica.

Ecco il perché di quel nuovo taglio di capelli, di quel nuovo atteggiamento.
È un Grignani più rock, incazzato.

Ritroviamo tutto questo esuberante istinto generazionale, come lo definisce lui stesso, nelle chitarre distorte e negli arrangiamenti aspri del disco che per molti è IL DISCO di Grignani, quello che più lo rappresenta.

Il 1996 è infatti l’anno de La Fabbrica di Plastica, è l’anno della svolta. Non è soltanto il suo aspetto a cambiare ma anche la sua musica. Le melodie più calde e malinconiche di brani come La mia storia tra le dita o Destinazione Paradiso lasciano il posto a sonorità che rispecchiano lo stato d’animo di Gianluca.

“Ho provato ad essere come tu mi vuoi
Tanto che sai in fondo cambierei
Ma son fatto troppo troppo a modo mio
Prova ad esser tu quel che non sei

Io vengo dalla fabbrica di plastica
Dove mi hanno ben confezionato
Ma non sono esattamente
Uscito un prodotto ben plastificato”

Già dai primi versi della title track La Fabbrica di Plastica possiamo chiaramente intuire il mood accusatorio e ribelle dell’intero album.

Siamo nel 1998. Questo è l’anno di Campi di Pop Corn. Altra celebre fatica discografica del Grigna frutto di un lungo viaggio in America terminato a New York dove viene registrato tutto l’album.

Seguono Il giorno perfetto (1999), prima raccolta dei successi dell’artista, e Sdraiato su una nuvola (2000).

Numerosi dischi dal 2002 ad oggi, uno attualmente in lavorazione e prossimamente in uscita; diverse partecipazioni al Festival di Sanremo. Un matrimonio, quattro figli. Una vita piena ed una carriera tutt’ora a suo modo fruttuosa.

Ma qualcosa non ha permesso a Gianluca Grignani di essere capito a pieno. Forse si è trattato di quell’esuberante istinto generazionale che tutt’ora, a 47 anni, preme per venir fuori.

Un prodotto non esattamente ben plastificato, appunto, che non ha mai accettato di adattarsi, di modellarsi; che non ha mai permesso a terze persone di muovere i fili della sua esistenza.

Ed è stata probabilmente questa la sua condanna. Una condanna che molto spesso lo ha portato a fare i conti con se stesso, ricadendo negli stessi errori del passato. Eccessi, debolezze. Probabilmente Grignani non è mai cresciuto per davvero, probabilmente è ancora quel ragazzetto arrogante e capriccioso che era nel ’96, legato al mito delle grandi rock star americane come Jimi Hendrix, senza dimenticare però alcuni grandi nomi del panorama musicale italiano come Califano, Dalla, Battisti o Vasco.

Probabilmente se avesse dato ascolto a qualcuno avrebbe avuto una carriera molto più redditizia, un seguito molto più vasto. Ma probabilmente avrebbe sacrificato parte di se stesso, perdendo la sua unicità.

Di Adriana Santovito

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