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“CHEAP” di Brunori SAS, la recensione

by Leslie Fadlon

È arrivato in questo irrequieto gennaio 2022 Cheap, acronimo di Cinque Hit Estemporanee Apparentemente Punk, il nuovo album di Brunori Sas.

E in effetti la parola punk sembra essere quella più adatta per descrivere questo divertente disco. Brunori si fa infatti punk nel parlare, senza peli sulla lingua, di tanti aspetti della nostra moderna – e grottesca – società.
“CHEAP” porta in dono agli ascoltatori poco più di 15 minuti di arrangiamenti scarni, di testi solo all’apparenza leggeri e, come dichiarato da Brunori stesso, di puro divertissement, spontaneo, estemporaneo, “casereccio”.
“Un divertissement nato dalla voglia di realizzare qualcosa di leggero in questi tempi pesanti, ma anche il fratellino storto di Cip!, che uscì esattamente due anni fa” 
Sembra quindi che Cheap! sia l’appendice di Cip!, richiamato nel titolo e nella copertina. E come in Cip!, quel cinguettio meraviglioso ci resta perennemente in testa catturando facilmente la nostra attenzione.
Dario Brunori pubblico così cinque canzoni semi – ironiche che ci aiutino a sorridere in questo tempo sospeso. Ma che ci possano far anche riflettere.

Cheap – le tracce

A partire dalla prima traccia, Yoko Ono, dedicata alla figura femminile e al suo essere ancora oggi messa sempre in secondo piano. “Chissà come sarebbe il mondo/se qualche maschietto scendesse dal trono” cantiamo fino ad incontrare  come ci ha abituato il caro Dario, una strofa crudele e maledettamente veritiera come “il destino della donna è il destino della terra/calpestata da millenni da maschietti sempre in guerra”. La seconda traccia è Ode al cantautore, una canzone estremamente divertente, che proietta la routine del cantautore contemporaneo in un mondo semi medievale condito da ritmi tipici degli stornelli romani. Nell’Ode, sfrecciano i cliché di cui vive il mercato musicale e si fa ironia sulle idee degli italiani rispetto alla musica e al fatto che ogni artista diventi oggi un surrogato di artisti del passato. Una battuta con la band ci porta nei ritmi de Il giallo addosso, dedicata ai bambini di oggi, il cui futuro ha i contorni sempre più sfocati, soprattutto quando una cosa ridicola come il razzismo si somma a tutti gli altri ostacoli già presenti nella vita. In un malcelato spagnolo maccheronico incontriamo una canzone “di protesta ma all’acqua di rosa” che prende il titolo di Italiano – Latino. Colorato da ritmi sudamericani, questo fantastico pezzo si prende gioco degli odierni nostalgici del fascismo; nostalgici di un’epoca che per loro fortuna non hanno vissuto. Il compito di chiudere “Cheap” è affidato a Figli della borghesia: canzone piano e voce dal gusto cantautorale. “Guardaci, siamo perduti/maleducati/inadeguati” è una strofa che prende parte a questo grido di aiuto di una generazione che si sente persa. In un presente sempre più incerto su cui si è abbattuta una pandemia mondiale che ha messo da parte anche la bellezza della musica, ingabbiata negli studi e nelle playlist, “Cheap” ci fa sentire la nostalgia dei palchi, dello stare tutti insieme a cantare con gli artisti, a soffrire a livello emozionale e a divertirsi in quelle splendide serate piene di luci e di calore. Perché sì, siamo Figli della Borghesia e ci eravamo abituati davvero a poter far ciò che volevamo.

Brunori ne descrive così il contenuto: “Linguaggio terreno, sporcature nei testi e nel suono il tutto condito da una buona dose di sana cialtroneria: dialetti e finto spagnolo, clavicembali kitsch e chitarre zanzarose, batteria elettronica da liscio e slide hawaiane. Sedici minuti che vi cambieranno la vita, in peggio”.
E invece ce la stanno cambiando in meglio, Dario!

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