Quattro minuti, il caffè fumante e il contorno del Vesuvio in lontananza…
Intro
Il brano di oggi è tratto da “Pino Daniele“(1979), il secondo album in studio omonimo dell’indimenticabile cantautore napoletano scomparso nel gennaio del 2015. “Je sto vicino a te” viene posto come pezzo di apertura, per poi essere riportato in diverse versioni in addirittura altri 4 dischi dell’artista partenopeo (Tra musica e magia, E sona mo, Passa o tiempo e che fa, Ricomincio da 30). Agli albori della sua carriera musicale, ma già acclamatissimo dal pubblico, il Pino Daniele di questo periodo lascia trasparire dalle proprie composizioni ardore e spirito di protesta, che sfociano in una netta predilezione per generi quali rock e blues sapientemente mischiati con un tocco di tradizione napoletana.
Di seguito è riportato il testo del brano:
Je sto vicino a te
Cu ciento strilla attuorno
Je sto vicino a te
Fin’a che nun duorme
Je sto vicino a te
Pecchè ‘o munno è spuorco
E nun cercà ‘e sape’
Meglio che duorme
Ma che parlamme a fà
Sempe de stesse cose
Pe’ nce ntussecà
E nun ce ‘ncuntrà ogne vota
C’arraggia ‘ncuorpo e chi
Jesce pazzo tutt’e juorne pe’ capì.
Je sto vicino a te
Pe’ nun piglià cadute
Je sto sempe cu te
‘Ncoppa ‘a sagliuta
Je sto vicino a te
E ciento strilla attuorno
Nun me fanno sentì
Si staje scetata o duorme
Ma che parlamme a fà
Sempe de stesse cose
Pe’ nce ntussecà
E nun ce ‘ncuntrà ogne vota
C’arraggia ‘ncuorpo e chi
Jesce pazzo tutt’e juorne pe’ capì
Strofa
Mi sveglio di colpo, senza che la sveglia suoni. Do uno sguardo all’orologio, le 8… Tutta colpa dell’abitudine, che mi fa aprire gli occhi presto anche di domenica. Mi alzo a sedere e mi accorgo con piacere che l’aroma di caffè ha invaso la mia stanza… Lei non c’è, e probabilmente quell’aroma è merito suo. Scendo dal letto quasi controvoglia, mi avvicino al balcone e lo apro con calma… Napoli è li che mi aspetta, col suo caos, le voci, i colori, l’odore dei panni stesi ad asciugare e il sole che mi fa una carezza. Vado in cucina a passo lento, godendomi il piacevole torpore di cui sono ancora investito… Entro e la trovo in piedi, di spalle, mentre armeggia con la moka. Scalza e con indosso una mia camicia che le va estremamente lunga, noto un raggio di sole che le illumina un nastro di pelle sotto la fitta coltre di ricci neri come la pece e raccolti al centro in uno chignon improvvisato. Non si è ancora accorta di me. Per qualche minuto la osservo muoversi come sa fare lei, quasi ondeggiando, danza tra gli elettrodomestici sfiorando quello che la circonda… le scivolo alle spalle, le mie braccia si avvolgono attorno alla sua vita, le bacio quel nastro di pelle e dalla radio accesa sul tavolo parte un pezzo.
“Buongiorno amore mio”
Un basso scuro e corposo come il caffè profuma l’intro del brano, morbido si avvolge sul groove quasi pizzicato della batteria ed entrambi vengono ammaliati e trascinati da un synth verso l’inizio della strofa. In sottofondo ma ben udibile una chitarra gentile, essenziale, che a ritmo di bossanova fa spazio ad una voce ruvida, dura, come se prima di allora non avesse mai pronunciato parole d’amore, come se prima di allora non avesse mai parlato… Conforta e rassicura, urla quello che gli altri sussurrano all’orecchio, ricreando un’intimità quasi rabbiosa. In punta di piedi ricompare il synth, che gocciola dolcemente su quella voce mitigandola, baciando ogni verso sulle labbra, insinuando le sue dita sottili e leggere tra le pieghe di ogni parola. Il basso cadenzato ma fluido continua ad agitarsi, a ribollire e spumeggiare, a sfiorare e stringere con forza, fino a che improvvisamente cresce, si acuisce in un impeto di passione che culmina al minuto 0:37, dove sembra quasi gemere… Una singola nota si stira, si dilata, vibra per qualche attimo sospesa nell’aria, poi cade come foglia morta e si trascina riprendendo fiato fino al ritornello. La voce ricomincia brevemente a fremere, incitata da una batteria più aperta e da un synth grosso e avvolgente. Poi tutto si riavvolge, riparte dalla strofa e l’odore del caffè diventa più persistente. Dopo la seconda strofa e il secondo ritornello tutto sembra calmarsi e la voce da ardente che era diventa quasi un mormorio, un bisbiglio sommesso che saltella veloce di nota in nota, sorride, giocherella con chi ascolta e di nuovo si infiamma. Arrivati alla fine, la voce si libera, si lascia trasportare dalla brezza sollevata dal synth… E poi tutto sfuma, si posa, si riaddormenta…

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