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Torna Il Muro del canto con “La Mejo Medicina” – INTERVISTA

by Alessia Andreon
Il Muro del Canto Foto Georgiana Acostandei 3 web

Il 30 ottobre è stato pubblicato il sesto album di inediti de Il Muro del Canto, “La Mejo Medicina”.

L’album è, come ci racconta il bassista del gruppo, Ludovico Lamarra, una nuova tappa della storica band capitolina che, di recente, ha cambiato formazione con l’innesto di due nuovi musicisti: Edoardo Petretti alla fisarmonica, al sintetizzatore e alle tastiere e Gino Binchi alla batteria.

Il titolo trae ispirazione dalla recente crisi attraversata dalla band, segnata dall’uscita di due membri storici, Alessandro Marinelli e Alessandro Pieravanti, e dall’amore profondo dei restanti membri per il progetto, che non si sono persi d’animo e che hanno dato vita, in tempi record, a un nuovo capitolo della storia del gruppo.  

Il Muro del canto, attraverso “La Mejo Medicina” ha riscoperto le proprie radici con un rinnovato slancio creativo, senza tralasciare quella che è sempre stata la sua forza: dare voce alla parte più autentica e pulsante della cultura popolare romana affrontando, seppur con dolore, la ricerca di dignità e libertà.

L’album, anticipato lo scorso 9 ottobre dal singolo “Montale”,  vede la produzione del chitarrista Franco Pietropaoli, impegnato anche nelle registrazioni.

Il Muro del Canto è oggi composto da Daniele Coccia Paifelman (voce e testi), Ludovico Lamarra (basso elettrico), Eric Caldironi (chitarra acustica), Franco Pietropaoli (chitarra elettrica e cori), Edoardo Petretti (fisarmonica, pianoforte e tastiere) e Gino Binchi (batteria).

INTERVISTA

Ciao Ludovico,

è un piacere ospitarti sulla pagina di Inside Music.
Partiamo dal titolo del nuovo album: “La mejo medicina”, per il Muro del Canto, è la musica?

La musica è stata, sicuramente, il mezzo intorno al quale ci siamo ritrovati come band dopo i cambi di formazione ed è stata l’unica strada possibile per rimetterci in gioco e superare un momento che poteva essere molto molto difficile; invece è diventato un momento di crescita e un’occasione che abbiamo colto per evolvere e aprirci a nuove sonorità, per ripresentarci in una forma in continuità con il passato, ma anche nuova.

Questo disco si discosta dai precedenti album anche musicalmente, con una maggiore presenza del pianoforte e tastiere, pur mantenendo l’indole folk rock…

Oltre al pianoforte, come tu hai sottolineato, ci sono anche l’utilizzo dei synth e delle tastiere e poi una contaminazione con altre sonorità ed altri generi o, se vogliamo, un’apertura maggiore che è frutto anche dell’ingresso di Gino Binchi alla batteria ed Edoardo Petretti al pianoforte, alle tastiere e al sintetizzatore, che sono diventati immediatamente parte della famiglia.

Non abbiamo mai avuto l’impressione che fossero nuovi o dei corpi estranei al Muro del Canto. Li abbiamo subito sentiti di casa e questo ha avuto una ricaduta molto positiva in termini di scrittura, ha riacceso tutta una serie di stimoli per cui, non appena abbiamo deciso che sarebbero stati i nuovi componenti del gruppo, ci siamo messi a scrivere.

È stato un lavoro collettivo e tutto è stato molto naturale; ovviamente, avendo delle idee nuove, anche la nostra musica ne ha guadagnato.

Nel testo di “Che te lo dico a fà” l’umanità si divide in due categorie: da un lato la gente umile e di cuore “A noi ce frega er core”, dall’altro le persone ciniche e senza scrupoli. In generale il tema dell’amore è molto presente in questo album, pur non trascurando le tematiche care al Muro come l’immigrazione e la denuncia delle ingiustizie. Quanto core c’è in questo album?

È la parte fondamentale e pulsante di questo disco: senza cuore, senza la nostra volontà di ritrovarci e di farlo in un modo puro e diretto, questo disco non avrebbe mai visto la luce e, forse, anche il muro non avrebbe continuato il suo percorso.  

Il cuore è la sua parte fondamentale, poi c’è anche tutto quello che dici tu, e per me, ma posso parlare a nome di tutti noi, è molto importante e significativo che tu mi dica di aver riconosciuto una continuità insieme a un’apertura.

È chiaro che siamo sempre Il Muro: dei narratori delle storie che ascoltiamo nella nostra città e che, però, sono storie universali. Siamo e saremo sempre dalla parte degli ultimi, degli emarginati: è la nostra vocazione.

Questo, poiché tutto cambia ed evolve, ha una ricaduta anche sulla nostra musica. A maggior ragione adesso è importante e mi rasserena che tu abbia colto una continuità nel cambiamento.

Mi ha incuriosito che abbiate scelto di inserire anche una cover omaggio a Pierangelo Bertoli con la reinterpretazione del suo brano “Eppure Soffia”. Come mai questa scelta?

Daniele è molto legato a questa canzone e quando ce l’ha fatta ascoltare siamo rimasti colpiti dall’incredibile e, per alcuni versi, inquietante, attualità del testo.

Abbiamo sentito che era anche un brano che andava a mettere la ciliegina sulla torta al disco, perché mancava un brano che parlasse di tematiche universali e più politiche, legato al tema dell’ecologia, dell’inquinamento, della guerra e, quindi, ci siamo detti che probabilmente era giusto che fosse ancora Bertoli a parlare per noi.

Abbiamo amato questo brano e abbiamo cercato di arrangiarlo secondo il nostro stile, ma con grande rispetto, proprio perché rispecchia l’universalità di cui parlavamo e poi anche perché, tutto sommato, anche Bertoli rientra in quella categoria di cantautori un po’ dimenticati, che non si citano mai abbastanza ed era ancor più importante che fosse quella canzone a far parte del nostro disco.

“Minerva” è dedicato alla lotta di tutte le donne contro il sistema patriarcale. È un forte segnale da parte di una formazione totalmente maschile…

Questo è un brano che ha una storia lunga e probabilmente, adesso, poteva vedere la luce. Tra l’altro il brano è arricchito dalla presenza di Hallyx (Alessandra Arcangeli), un artista giovanissima molto in gamba, con una voce molto particolare e che, anche in termini strettamente musicali, riesce a dare una grande sferzata al nostro sound, specialmente nella parte vocale finale, tutta improvvisata.

È sempre difficile, per una band al maschile, entrare sul tema del patriarcato e della condizione femminile perché si rischia, paradossalmente, di fare il gioco contrario, dell’uomo che pontifica sulla condizione femminile.

Crediamo che il testo, scritto da Daniele, abbia la capacità di non ergersi su quel piedistallo di chi, da uomo, non vive certe discriminazion ma riesce a calarsi nella situazione che vivono le donne. Speriamo che questo messaggio arrivi anche a chi l’ascolta.

Ci piace pensare che questa canzone possa essere, nel suo piccolo, uno slogan e, per questo, abbiamo deciso, dopo una lunga discussione tra noi, di veicolarla sotto la forma di ripetitività del testo.

“Come l’antichi” fa riemergere tutta la romanità del progetto del Muro…

È il brano forse più da Muro vecchia maniera, ma c’è una cura negli arrangiamenti e nei suoni che segna il passo rispetto al passato. “Come l’antichi” vuole richiamare certe colonne sonore italiane degli anni 70, specialmente negli interventi delle tastiere e dei suoni che abbiamo utilizzato, ma è anche il brano più scanzonato, più veracemente romano e richiama anche tematiche che ci hanno sempre accompagnato come l’anticlericalismo, un certo modo sboccato, il cibo, il vino.

Credo che sarà uno dei brani sorpresa del disco: piacerà più di quello che noi pensiamo…

Adesso vi aspettano i live di presentazione. So che c’è stato un appuntamento esclusivo a Roma…

Abbiamo già fatto un secret show il 18 ottobre, che è stato un’anteprima, al Riverside di Roma; un locale che per noi è molto caro.

Per noi era importante per tanti motivi: innanzitutto perché è stato il battesimo del fuoco della nuova formazione dal vivo; venivamo da mesi di prove, scrittura e registrazione che possono essere anche fuorvianti, ma la nostra dimensione naturale è sempre quella dal vivo.

Poi, venivamo da un periodo, è inutile nasconderlo, di crisi, di difficoltà, di riflessione e mai avremmo immaginato di essere in grado, realmente, di fare questo disco.

Un disco che per noi è molto importante, è molto significativo, e riteniamo sia davvero un ottimo disco e quindi avevamo piacere di ringraziare sia i fan, che da sempre ci seguono e che ci hanno sostenuto in questo percorso, sia tutti gli amici ed artisti, gli addetti ai lavori, i giornalisti, fumettisti… sono tutte figure e persone che, in questi anni, in qualche modo, hanno collaborato con noi.  Tanti non hanno avuto la possibilità di essere a Roma o di partecipare, ma hanno espresso la loro curiosità e il loro sostegno.

Il 7 novembre c’è la data al Monk di Roma, che è sold out, e da lì si parte per Pescara, Torino, Milano, Bologna, Siena ed è stata ufficializzata anche la data di Salerno.

Siamo commossi dalla risposta che c’è stata per “Montale”, il primo singolo che è uscito da un mesetto ed è il più richiesto su Radio Rock, che è anche media partner dei concerti.

In qualche modo è come se si fosse creata una grande magia intorno a questa nuova fase.

L’album si conclude con un recitato, come da tradizione. Questa volta si tratta di “La bandiera” che si ricollega al disegno della copertina. Raccontaci meglio

“Bandiera” ha diverse particolarità: è il primo brano recitato di Daniele che, in tutti i dischi precedenti, era unicamente l’autore dei testi cantati. Abbiamo pensato fosse interessante ed anche importante non abbandonare l’elemento del racconto che ci ha sempre caratterizzato e quindi, in studio, abbiamo scritto quella canzone. È un brano che, più che il disegno della copertina, riprende tutto il concerto del disco. 

All’interno nel libretto ci sono le nostre foto da bambini, nella parte dove ci sono i testi. Tutto questo disco è costruito sull’idea di uno slancio nuovo di una rinascita, che è passata dal secret show e, ancora prima, dalla festa per i 40 anni di Radio Rock, che è stata la radio che ha dato i natali al nostro primo singolo “Luce mia”. È stato importante riaffacciarci in una dimensione pubblica proprio in quell’occasione.

Sono stati tanti segnali che ci hanno portato a dire che, questa nuova fase del Muro era una rinascita ma era, anche, tornare a una dimensione di slancio, di purezza, di gioia.

In questo senso è stato inevitabile pensare all’infanzia, al bambino che si lancia dall’altalena verso un orizzonte nuovo.

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