Home Recensioni 20 Dischi Grunge da rispolverare (o scoprire) – Part #3

20 Dischi Grunge da rispolverare (o scoprire) – Part #3

by Barbara Scardilli

Siamo giunti alla terza di questa regressione verso il periodo Grunge. Continuo a scrivere “periodo” perché ho volutamente inserito anche album non esattamente in linea con il genere di Seattle, ma che tuttavia sono stati pesantemente influenzati da esso o viceversa. Per questo appuntamento ho pescato alcune piccole “ovvietà” (che però è sempre bene rimarcare) e alcune gemme rimaste grezze, e proprio per questo dannatamente affascinanti. Buon ascolto!

Green River – Dry As A Bone / Rehan Doll (1990, SubPop Records)

Sono in realtà due album, ma oramai è molto più facile trovarli nella loro edizione congiunta piuttosto che in edizioni separate. Jeff Ament e Stone Gossard dei futuri Pearl Jam, Mark Arm dei futuri Mudhoney, voglia di sperimentare. Punk, incursioni metal… I Green River hanno davvero spaziato in lungo e in largo, ed è proprio per questo che non sono riusciti a rimanere uniti per troppo tempo. Peccato, perché il lavoro svolto in quei 5 anni di attività è davvero pregevole. Scopriteli e date loro una seconda possibilità.

The Smashing Pumpkins – Siamese Dream (1993, Virgin Records)

Sì, d’accordo: qui si gioca facile. Neppure tanto, in verità. “Siamese Dream” coglie in pieno lo spirito più puro del grunge e lo trasmuta in una maniera lontana dall’atmosfera dei musicisti di Seattle (le zucche squarciate vengono da Chicago), ma al tempo stesso affine. Provate a non commuovervi ascoltando “Disarm”. Anzi, non provateci nemmeno. Non ci riuscirete.

Candlebox – Candlebox (1993, Maverick Recording Company)

Più inclini all’Hard Rock che al Grunge (più di Facelift degli Alice In Chains), ma con un gusto melodico estremamente personale, nel 1993 i Candlebox col loro disco omonimo centrarono il successo al primo colpo, grazie anche al singolo Far Behind. Sono ancora in attività e consiglio vivamente di seguirli: dopo tanti anni e tanti cambi di tendenza nel mondo musicale, loro hanno ancora qualcosa di personale da dire e da dimostrare.

TAD – Hinaler (1993, Giant Records)

Sound grosso, pesante, esattamente come il buon Tad Doyle, 136 kili di pure influenze metal. Rivestono il ruolo di eterne promesse dal punto di vista del successo: il primo album “God’s Balls” è prodotto da Jack Endino, non esattamente l’ultimo arrivato al mixer. Per Hinaler si affidano a Butch Vig (futuro Garbage, già al lavoro per Nevermind dei Nirvana), e si sente: suoni chiari eppure corposi, soprattutto una scrittura decisamente più accessibile rispetto ai primi due lavori. Paradossalmente, non vendette granché. Rimane un ottimo punto di partenza per scoprire questa band.

Soul Asylum – Grave Dancers Union (1992, Columbia Records)

Andiamo, chi di voi non ha mai ascoltato Runaway Train? È il loro brano di maggior successo, ma anche il resto del disco è qualitativamente rilevante. I Soul Asylum nascono nel 1983, si ritrovano nello tsunami Grunge quasi per caso e lo cavalcano brillantemente. Non si snaturano, di certo non sono stilisticamente Grunge al 100%, ma Grave Dancers Union è un album assolutamente pregevole.

a cura di Andrea Mariano

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