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Noel Gallagher si conferma The Chief al Noisy Naples Fest

by InsideMusic

Noel Gallagher’s High Flying Birds nella prima sera d’estate, afosa e ingombrante come solo questa città sa essere, hanno toccato per la prima volta il capoluogo campano per questo mini tour italiano.

Mi piacerebbe raccontarvi questo concerto di Noel Gallagher scevra da emozioni malinconiche e nostalgiche, senza la sindrome da rientro, cercando di non farmi apparire come la protagonista della reclame della Costa Crociere, di non farmi suggestionare dal fatto che nel mio cuore gli Oasis hanno fatto sempre la loro comparsa – anche se ciclicamente – e che ci sono cresciuta con questa band di scalmanati più noti come i “Romolo  & Remo” d’oltremanica. Mi piacerebbe appunto, ma non lo farò.

Nella stessa location delle prime due serate – all’Etes Arena Flegrea – il Re del Britpop Noel Gallagher ha aperto le porte a tutti i nostalgici di un tempo, per la terza serata del Noisy Naples Fest, e noi – come al solito – eravamo lì per voi, ma anche un po’ per noi questa volta.
Come tutte le avventure più suggestive da fare, anche questa aveva bisogno di un buon compagno di viaggio, e la mia mi ha condotta subito nel mood giusto per affrontare a pieno le successive due ore: “andiamo, la transenna ci aspetta”, dice la signorina J.
E così – facendoci largo fra i circa quattromila presenti – raggiungiamo la tanto attesa transenna e lo show può iniziare.
Dati statistici non ne abbiamo, ma da giornalista ormai ho capito che il vero termometro di gradimento del pubblico siano i discorsi fra di loro, e seppur questo dato manchi, ci  giurerei che almeno due terzi dei presenti non fossero lì per gli “High Flying Birds” ma spinti da una nostalgica forza propulsiva  che vorrebbe gli Oasis riuniti ancora una volta. Eppure i due Gallagher, Romolo– Noel (maggiore) e Remo-Liam (minore) sono entrambi in Italia, chissà che magari il primo risalendo da sud e il  secondo tornando dagli I-Days non si incontrino a Verona e diano vita ai moderni Romeo e Giulietta, ma anche in quel caso è finita in tragedia, quindi meglio goderceli separatamente.
Digressioni e commistioni letterarie a parte, il concerto di Noel The Chief Gallagher sta per iniziare e accanto a me la signorina J., conosciuta alla veneranda età di 13 anni, praticamente giustappunto quindici anni fa, è accanto a me, entrambe in Converse ed emozionate come quando nei corridoi del nostro liceo cantavamo (What’s the story) Morning Glory, appena uscito, ed era il 2003, ma senza zaino dell’Eastpack imbrattato con le loro frasi sulle spalle.
Una insolita puntualità quella dell’hooligan di Manchester, che per essere al sud ha fatto quanto mai scalpore, di solito invece c’è la bandiera  della sua squadra fra gli strumenti, gli undici elementi sul palco, e l’ironia che lui utilizza spesso quando c’è un ovvio richiamo verso i pezzi del passato.

L’ho detto già nella biosong, sono  ormai tre anni che “The Chief” è tornato sulle scene  col suo nuovo assetto musicale, triplo platino per il primo dei tre album e conferma di quanto la mente degli Oasis possa davvero essere stato lui, e – ricordiamolo – questo non era il concerto della band che ormai non esiste più, ma di un (quasi) solista Noel, che ovviamente ha iniziato, senza sosta con i brani degli High Flying Birds.
Nell’immaginario comune il Chief – Noel è sempre passato come un tipo arrogante, scontroso, anche in virtù delle chitarre spaccate nelle liti con i fan, in passato. Questa sera invece, in jeans e camicia a mezza manica sembra davvero a suo agio, anche con il pubblico, con cui limita al necessario le comunicazioni cercando di parlare stentatamente italiano, ma la musica no,quella non la lascia centellinare, imbracciando chitarre ed  alternando momenti in acustico a momenti in full band, tutti uniti da un visual piuttosto imponente, quella luna alle sue spalle è davvero  invasiva. Almeno quanto quella che ci sta aspettando fuori, per immortalare le nostre lacrime dense di emozioni.
Attorno a me, oltre alla signorina J. Intenta a scattare ed immortalare i momenti clou del concerto, un pubblico che ascolta queste prime nove canzoni in maniera quasi passiva, oserei dire “in attesa”, perchè “Noel diciamocela tutta, noi siamo qui per il vecchio te!”, sostiene una ragazza in seconda fila. Ed eccoli accontentati. Introdotta da uno sfacciato sorriso sornione, The Chief esclama “Oasis fan, this is for you!”.


Ed è il momento “Little by Little”. Avete mai provato la sensazione di essere al posto giusto al momento giusto, con la persona giusta? Bene, questo nirvana adesso tocca a me. Così come Noel tocca le corde della mia anima tredicenne, un po’ sovrappeso, appoggiata ai termosifoni del liceo, con la signorina J. a cercare di combattere con la nostra musica chi – di contro – preferiva i neomelodici (ragazzi, crescere in Campania ed avere un buon orecchio musicale può essere davvero ossimorico a volte!). Liberatoria questa cover per le tre cavee, che – seduto su un sustrato di scalinate di marmo – aveva decisamente bisogno di quell’imput per alzare i glutei e ballare, stringersi l’uno nell’altro, e limonare (se ti va bene).
Cinquantuno anni lui, ventotto io e molti dei presenti, due generazioni fra di noi, eppure lui è riuscito a segnare un’epoca, e questo lo sa bene quando rincara la dose Oasis continuando tutto d’un fiato con “The Importance of Being Idle”, prima di continuare con “Dead in the Water” comunque molto conosciuta ed apprezzata dalla platea.
Mentre la musica di Who Built the Moon?” scorre, penso alla parola che spero sia contenuta in scaletta: “Wonder – Wall!”, muro delle meraviglie. Lo si sa, il “muro” può avere un duplice significato, una costrizione, un distacco, un senso di allontanamento, ma può anche essere una roccaforte, quando qualcuno mura le tue paure e i suoi sentimenti. L’ambivalenza di questo particolare termine mi ha sempre affascinato, così come la storia di “Sally”  ma questa è un’altra storia. Io ho scelto sempre di leggerlo alla Oasis, cioè come roccaforte di sentimenti forti. E questo flash nasce sempre dalla vicinanza della signorina J., tutto si trasforma, niente si distrugge in natura, neppure le amicizie, quelle vere, nonostante il peso del tempo, delle quotidianità ingombranti e dei mesi senza vedersi. Perchè del resto i muri vanno tinteggiati, rinfrescati, ma mica se non li abiti per qualche mese te li ritrovi in macerie?
Noel deve aver intercettato i miei pensieri perchè  – ancora più sornione di prima – imbraccia la sua chitarra ed introdotta da un lungo riff, recita “Today is gonna be the day,  that they’re gonna throw it back to you..”. Sì ho detto recita, perchè la voce è di Noel, non di Liam, e la sua interpretazione in versione semiacustica è quasi parlata, fino al ritornello, che lascia che a cantarlo “alla maniera di Liam” fosse il pubblico. Fa davvero molto caldo, eppure i brividi mi pervadono le braccia e le gambe lasciate scoperte, a favore di zanzara.
Un egocentrico, un capo, un condottiero, si presenta davvero così su quel maestoso palco anche quando recita insistentemente “Sciao Napoli, grassie a tutti, thank you so much!”, ma sulla musica davvero non si risparmia, rispondendo anche ad un fan che richiede “Champagne Supernova” con insistenza.
Ancora con le lacrime in volto, quasi stremata dall’impatto emotivo dato da Wonderwall, un altro momento in up con “Don’t Look Back in Anger” e la mia famosa Sally che continuo a rimembrare quando alcune situazioni in cui mi imbatto sembrano trascinarsi più per inerzia che per sentimenti, “So Sally (da leggersi come il nome del frequentante del momento) can’t wait...”.
Manchester & Oasis come Beatles & Liverpool dicevamo, dopo un “Hey Napoli, see you the next time, but thank’s for Jorginho!” ci lascia con un omaggio ai suoi ispiratori e un auspicio “All You Need is Love!”.

Senza mai pensare troppo all’interrogazione andata bene, alla professoressa che aveva paventato un compito a sorpresa, o alla pesantezza dell’essere decisamente troppe femmine in una classe sola, io e la signorina J. sognavamo un futuro all’altezza delle nostre aspettative, e questi sogni avevano sempre il loro sottofondo musicale. Ritrovarsi quindici anni dopo, entrambe soddisfatte dei propri passi in avanti e delle proprie evoluzioni personali, allo stesso concerto, continuando a lasciare che la musica faccia da padrona, è stato decisamente irreale. Quindici anni di sacrifici, di notti insonni passate sui libri, di amori finiti e altri iniziati, di persone perse ed altre trovate, di eccessi e poi decessi. Perchè ci sono stati un Noel ed un Liam in ognuno di noi, ci sono stati gli anni d’oro in cui facevamo della nostra vita una Ferrari sempre in corsa, frenavamo solo in prossimità della curva e spesso ci schiantavamo, e con noi i nostri fegati. C’è chi continua ad essere ancora a quello stesso volante, curando e risfasciando la stessa carrozzeria, e chi – come noi – ha capito che è meglio guidare una utilitaria e lasciare la Ferrari per le grandi occasioni. E quella di stasera era pluriaccessoriata. Grazie Noel, grazie signorina J.

A cura di Fabiana Criscuolo

 

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