Un lunedì davvero amaro quello del 4 marzo, dopo la tragica scomparsa in mattinata del leader dei Prodigy, Keith Flint, trovato suicida, nel tardo pomeriggio la notizia della morte di Luke Perry, reduce da un ictus da cui non si è più ripreso
Faccio una premessa, sono nata il 1 dicembre del 1989 e adolescente lo sono stata ufficialmente nei primi anni del 2000, ma noi donne si sa, il fascino ormonale dell’amore e delle sue turbolenze ci avvolge molto prima rispetto ai maschi, che alle elementari preferiscono concentrarsi sulla partita di calcetto nel campetto della scuola a ricreazione, o scambiarsi i calciatori Panini sottobanco, mentre le femminucce inciuciano sul più bello della quinta A o del sognato primo bacio dietro la palestra o sotto la quercia del paesello. Insomma questo pistolone per dire che sì, ero alle elementari mentre Beverly Hills 90210 spopolava in TV e – sebbene temi come il sesso, la droga o le feste del liceo – risultassero ancora lontane da me, l’aura delle turbe amorose iniziava ad avvolgermi già d’allora.
Ieri pomeriggio, alla notizia della scomparsa prematura di Dylan (Luke Perry), il sangue mi si è gelato in vena per un attimo, come se fossi uno stegosauro che è rimasto incagliato con gli aculei in prossimità del Circolo Polare Artico, prossimo all’estinzione.
Facciamo un passo indietro e capiamo chi era Luke Perry e perché da ventiquattrore avete le bacheche social invase da sue foto e da post strappalacrime, un remind rivolto soprattutto ai millennials. Siamo agli inizi degli anni ’90, in TV spopola una serie adolescenziale basata sulle vite di alcuni ragazzi americani stra ricchi che hanno comune divisore lo stesso liceo, sito per l’appunto a Beverly Hills, quartiere ricco di Los Angeles.
Come in ogni comitiva che si rispetti, le personalità dei protagonisti sono molteplici, ma la storia inizia a spiccare il volo e lasciare miliardi di adolescenti di tutto il mondo incollati allo schermo quando si crea il triangolo Brenda, mora – intelligente – un po’ “sottona” direste voi giovani di oggi, Dylan – il James Dean del liceo, bello da togliere il fiato, tenebroso, stronzo quanto basta da aver fatto innamorare loro due e tutte le ragazzine del mondo, Kelly, l’altra – bionda, ochetta, sgallettata, non particolarmente intelligente, ma sagace con le sue strategie da gatta morta. Eternamente in bilico fra loro due, Dylan è stato il precursore del clichè della mora intelligente ed eterna riserva, e della bionda cretina ma dotata del giusto culo che serve per accaparrarsi un uomo. Ma la dicotomia non si limitava alle ragazze, ed è questa la chiave vincente della serie ante – Netflix, anche Dylan aveva un rivale, l’occhio azzurro di Brandon, gemello di Brenda (sì che fantasia i genitori), proveniente dal Minnesota, emblema del bravo ragazzo. Per quegli anni Dylan e Brandon erano diventati il metro di giudizio di ogni ragazzo o ragazza, un metro di paragone di come essere e come crescere. Ogni maschio si riconosceva o voleva riconoscersi in Dylan, nonostante i problemi con l’alcol, la droga, il rapporto con il padre. Ogni ragazza lo adorava o lo odiava, e riempiva i diari con le loro foto. Nel mio liceo, più tardi, come in quello di ogni ragazza degli anni ’90 c’era sia un Dylan che un Brandon, che però ho imparato ad apprezzare più tardi, da adulta. Perché il fascino dello stronzo è quello che ci ha forgiate un po’ tutte.
Ma Luke Perry – sembra scontato dirlo – non è solo Dylan, era un uomo, che ha lasciato una famiglia, degli amici (molti tra gli ex colleghi del cast di Beverly Hills 90210). Un uomo prima che un personaggio. Si era da poco fidanzato con una psicoterapeuta con cui sognava a breve i fiori d’arancio, aveva una ex moglie e due ragazzi che gli sono stati accanto fino all’ultimo istante.
Senza cadere nel clichè del tutti-siamo-idoli-post-mortem, mi piace ricordare una battaglia che Luke portava avanti da qualche anno e che questo possa essere un messaggio chiaro per tutti i maschietti che mirano a diventare iconici sulla loro durezza. Dopo una colonoscopia di routine nel 2015, i dottori avevano riscontrato una crescita precancerosa, che è stata poi rimossa. Da allora l’attore ha partecipato alle campagne di Fight Colorectal Cancer dal titolo “One Million Strong” per invitare a sottoporsi ad esami periodici.
“Non sapevo che quello al colon – ha detto all’epoca – è il cancro più letale e se avessi aspettato la situazione sarebbe peggiorata, per questo ho deciso di agire subito e di parlarne”.
Ci sarà ancora una occasione per rivedere e salutare il nostro Dylan sullo schermo, nel film – che si preannuncia già un successone – di Tarantino, C’era Una Volta Holliwood, al fianco di Leonardo Di Caprio e Brad Pitt, altre icone holliwoodiane.
Ciao Luke, insegna agli angeli lo sguardo da macho e a togliersi il casco come solo tu sai fare.

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