È uscito il primo di ottobre 2021 “FLOP”, il nuovo e molto atteso album di SALMO, pioniere della musica rap italiana.
Con un titolo sarcastico e dei contenuti variegati ed esplosivi, il disco arriva tre anni dopo “Playlist” e porta in dote 17 tracce inedite che uniscono l’anima più rap dell’artista a quella rock, pop e elettronica. Il risultato è una commistione nel perfetto stile SALMO che coinvolge e porta l’ascoltatore ad un binge-listening al cardiopalma.
Già dal titolo – appunto “FLOP”- si intuisce come il rapper voglia parlare, con questo lavoro, anche di paure e tabù. La paura più grande, soprattutto per gli artisti, è proprio il fallimento. Salmo sceglie quindi di affrontare il tema nei contorni di un mondo dominato da materialismo e capitalismo, dove contano la ricerca della perfezione, della fama a tutti costi, in cui i parametri si misurano sui like, i numeri, gli averi più che gli esseri, e ci immerge nella profondità di una parola temuta.
E con “FLOP” il rapper sardo realizza una breccia che svela le apparenze, una sincope sonora, un invito a sbagliare in un mondo tanto perfetto quanto spesso ipocrita. Nel disco l’equilibrio si sposta di continuo, e l’autore si mostra libero di mostrare le sue tante anime artistiche.
Ne deriva un lavoro maturo, eccentrico, fuori dai canoni di genere; al flow inossidabile, che da sempre continua a rivoluzionare il rap italiano, si uniscono e alternano aperture vocali, chitarre sfreccianti e innesti elettronici che portano chi lo ascolta su di un ottovolante sonoro senza soste.
Così ricco di idee, così controcorrente, così fuori dagli schemi da essere – di per sé – un FLOP eccezionale. Al fianco di Salmo, in questo viaggio alle radici del fallimento, tre importanti esponenti della scena rap nostrana: Marracash (“La chiave”), Gué Pequeno (“YHWH”), Noyz Narcos (“Ghigliottina”), oltre alla voce eterea di Shari (“L’angelo caduto”), giovane promessa del panorama italiano, ad impreziosire il brano che richiama la copertina stessa di “FLOP”: una citazione de “L’angelo caduto” di Alexandre Cabanel, un olio su tela datato 1868 che raffigura Lucifero nel momento esatto della sua caduta.
“Flop” – Il disco
‘’Flop’’ prende avvio con una traccia che ci colpisce nell’immediato, “Antipatico”, una mitragliata di barre, incastri, giochi di parole (e una citazione del primo Neffa) che in qualche modo ci presenta tutto il disco nel suo complesso, mettendo al centro il protagonista del disco, ovvero un rapper ben cosciente di questo strano presente e del cinismo ormai diventato necessario per sopravvivere.
La seconda traccia è “Mi Sento Bene”, che descrive la vita meschina di chi ha raggiunto il successo ma non trova più sé stesso, finché non riesce a capire il senso della libertà, “sai che aver tutto fra non conviene, liberato dalle catene, sembrava impossibile, invece mi sento bene”.
A denunciare una società che ha dimenticato il ruolo della cultura c’è “Criminale”: a diventare tale – su una base electro rock pazzesca -è infatti il musicista che vuole solamente poter suonare le proprie canzoni. Incontriamo quindi il primo featuring del disco, attraverso “Ghigliottina” con Noyz Narcos. Il risultato è un brano rap cattivissimo e, a suo modo, classico.
“In Trappola” e “La Chiave” vedono invece la collaborazione con Marracash e si legano in un viaggio onirico, che narra un attimo di pace prima della richiesta d’aiuto, “sento più la fame dei sogni, tieniti la fama, e lasciami i soldi, sono a tanto così dall’impazzire, ma ci vuole tempo per diventare pazzo, qui mi sento in trappola, fatemi uscire, la chiave giusta è sempre l’ultima del mazzo”. A venire in aiuto del nostro eroe è Marracash che, da subito, con il suo flow impeccabile (“bene bene bene bene cosa c’è per cena cosa abbiamo nel menù? Una cena ormai di scemi, l’attenzione è scesa oramai non tira più”), domina una strofa che è il contraltare perfetto al cantato di Salmo che ti si appiccica nella memoria su una struttura originale studiata per esaltare al meglio gli stili di questa coppia d’assi.
In questo disco così prorompente e virile c’è però spazio anche per l’amore, descritto dolcemente sulle note di “Kumite”. Il kumite è una delle tre componenti fondamentali dell’allenamento nel karate. Il suo scopo non è il vero combattimento ma la crescita reciproca dei praticanti all’allenamento; “vuoi che ti ami o che lenisca l’insicurezza”? Il lato sensibile di Salmo, che qui, ancora una volta, mostra una capacità vocale ampia tra rap e cantato, per una hit d’amore-scontro-catastrofe-fine-del-mondo-come-i-Maya.
Passiamo poi al lato blasfemo, prima con “Ma Che Ne So” e poi con “YHWH”. Il beat calmo e rassicurante lascia lo spazio ad un basso 808 violento, saturo, profondo. L’idea di base è quella per cui il musicista dovrebbe essere lasciato a far musica, senza inutili interruzioni dall’esterno.
In “YHWH”, feat. Gué Pequeno, Salmo viene colto da un’illuminazione spirituale alla Kanye West e diventa la nuova divinità del rap.
Siamo giunti alla decima traccia quando incrociamo la potenza distruttiva di “Hellvisback 2”, che arriva a cinque anni di distanza dal successo di HELLVISBACK. Il rapper riprende il mic su una base tarantiniana sporca di sabbia e polvere e rappa su chitarre che surfano tra caldo e corpi nudi e dove tutto fa schifo “come quando sono sobrio”.
Siamo di nuovo ai testi semi-spirituali con “A Dio”, plasmata con un sound country-blues in stile americano, sulle note del quale Salmo apre un dialogo diretto con Dio da un confessionale decadente. L’incomprensione e la solitudine si scontranp con gli anacronismi e le contraddizioni del credere su strofe come “Padre, non sono un infame, no, io che volevo trovare qualcuno per cui valga la pena pregare”.
Di resurrezione e di musica acid rock che colpisce dove non fa male si compone “Fuori Di Testa”, un pezzo su cui saltare.
E che si presume sarà stupendo ascoltare dal vivo. Si parla ancora una volta di amore sulle note di “Marla” intonata su musica suonata, tra organi, assoli di chitarra e batterie spazzolate, ma più lenti BPM. Marla, nel gergo americano, è il termine usato per definire la ragazza dei sogni. Una storia di dipendenza e di astinenza, d’amore e di relazioni impossibili. Insomma, è impossibile non pensare alla Marla di Fight Club (“Ti rubo un fotogramma mentre sei distratta che conti le carte/Al cinema saresti Helena Bonham Carter/Maledetta ma così elegante”).
Fa pensare immediatamente alla bellezza de ‘’Il cielo nella stanza’’ il brano successivo, ovvero “L’ANGELO CADUTO” che vede Salmo accompagnato da una voce femminile dolcissima, quella di Shari. Torna il tema della copertina, con la canzone più struggente del disco, emotivo, sensibile, violentemente umano. Il ritornello si alza verso il cielo nella voce eterea di una magnifica Shari, mentre Salmo ci lascia le parole più intense della sua carriera: “volevo farti sapere che non sei sola quando hai il cuore in gola, io sarò al tuo fianco come una pistola, copriti bene che fuori nevica ancora”, “tu sei la canzone che non so scrivere, ricordati di me per sorridere”, “perso nell’ignoto, dormo sopra un’altalena sospesa nel vuoto, ho visto un angelo nel marmo, devi scolpire se vuoi liberarlo”.
La quindicesima traccia di FLOP lascia spazio ad un monologo. Si tratta di “Vivo” feat. Josafat Vagni (attore in Mondocane, Dove cadono le ombre, Niente di serio, Meraviglioso Boccaccio) che sconvolge le regole dell’album rap e sublima il concept annunciato dal disco stesso.
Si parla, in romano, di fallimento, di FLOP, la più grossa paura di ogni artista nella società della performance che giudica per views, like, numeri. Si può ancora sbagliare? Si può ancora fallire? C’è vita dopo l’insuccesso? La risposta è sì, la vita è proprio lì, perché “il successo non fa rumore quando sale […], il rumore lo fa quando precipita come una cometa demmerda dentro la tazza del cesso, nessuno tsunami […], solo una piccola, semplice, sincope sonora”.
Raggiungiamo subito dopo questo momento poetico un altro pezzo da mandare a tutto volume: la title track. “FLOP” unisce chitarra elettrica distorta e drum machine, mentre Salmo si sfoga, con rabbia e sarcasmo, contro le aspettative di pubblico e critica. Ci canta “è ok che ti ho deluso, ok, ti faccio pena, ok sono un venduto, ok, chi se ne frega” e “se penso a quanto ho speso per fare un disco brutto, è ok” e Salmo si riappropria del diritto di sbagliare, di fallire, di fare flop, in poche parole, Salmo si riappropria del diritto di fare musica. Per chiudere, Salmo ci ricorda il meccanismo contorto che porta al successo buona parte della musica di oggi, l’algoritmo.
lo impersonifica in “Aldo Ritmo”, un pezzo divertente, il finale perfetto per lasciarsi andare, incontenibile e impossibile da ascoltare mantenendo il corpo fermo. Infondo, il claim parla da sé, perché nella vita, “fra, ci vuole ritmo!”.
E noi non vediamo l’ora di poter rivedere dal vivo Salmo e di poter ascoltare almeno parte di questo ritmo e di tale capolavoro dal titolo perfettamente in linea con l’ironia irriverente del rapper sardo: “Flop’’.

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