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CAROLINE PAGANI ricorda il fratello HERBERT con uno spettacolo a Roma

by Alessia Andreon
Caroline Pagani b

Sabato 1° marzo, alle ore 21.00, all’Auditorium Parco della Musica di Roma, Teatro Studio Borgna (Via Pietro de Coubertin, 30) si terrà il concerto spettacolo dell’attrice e cantante Caroline Pagani per omaggiare il fratello Herbert Pagani, attraverso ciò che amava di più: l’arte.

 “Per amore dell’Amore. Herbert Pagani: Musica, Poesia, Arti Visive”, con Giuseppe Di Benedetto al pianoforte e gli arrangiamenti di Alessandro Nidi è, innanzitutto, un atto d’amore, come solo una sorella può fare.

Abbiamo avuto modo di scambiare qualche battuta con Caroline Pagani, proprio durante le prove dello spettacolo, e abbiamo constatato quanto la figura di Herbert sia per lei un faro, anche a distanza di oltre trent’anni dalla sua prematura scomparsa.

INTERVISTA

Ciao Caroline,
“Per amore dell’amore” è soprattutto amore per l’arte a tutto tondo. Cosa ci racconti, attraverso questo viaggio nella produzione artistica di Herbert?

“Per amore dell’amore – Herbert Pagani: musica, poesia, arti visive è uno spettacolo di teatro/canzone che ripercorre tutta la sua produzione artistica, dal disegno, alla pittura, alla scultura, all’arte fatta con il riciclo, alla radio.

Herbert è stato conduttore radiofonico per Radio Montecarlo, lanciando anche qualche trasmissione, e un indimenticabile cantautore e paroliere per molti interpreti come Gaber, Antoine, Dalida.

Inoltre, è sempre stato sensibile ai temi dell’ecologia e del pacifismo; infatti, quando andava a raccogliere i rifiuti sulle spiagge, con cui poi costruiva opere d’arte, diceva che questi oggetti, prodotto della società dell’abbondanza e dello spreco, non hanno valore e quindi non hanno prezzo; sono letteralmente inestimabili perché lui li amava di un amore incondizionato, cioè senza finalità, senza contropartita, li amava soltanto per amore dell’amore.

Lo spettacolo si intitola “Per amore dell’amore” perché il tema principale è proprio l’amore, declinato nelle sue varie forme, ossia l’amore tra amanti, tra fratelli, tra amici, tra genitori e figli, l’amore per gli animali e l’amore per le proprie vocazioni e per le arti e anche per i maestri.

Anche nei confronti degli animali Herbert nutriva un amore incondizionato, tant’è vero che ha scritto “Concerto per un cane” dedicandola a un cane preso da un canile.

Lo spettacolo è un viaggio nelle varie stanze dell’arte, composto da nove canzoni, suonate al pianoforte da Giuseppe Di Benedetto e poi vengono video proiettate, durante tutto lo spettacolo, le opere, coloratissime, che lui costruiva, mentre alcune di queste fanno da fondale alle varie canzoni.

Lui stesso realizzava le scenografie dei suoi spettacoli con dipinti e disegni che venivano proiettati in modo immersivo.

Tu hai, tra l’altro, anche pubblicato un CD, un vinile “Pagani per Pagani” che vede anche la collaborazione di diversi musicisti come Danilo Rea, Fabio Concato e tanti altri artisti…. Mi ha colpito molto che sia così vivo il ricordo e l’affetto del pubblico nei confronti di tuo fratello…

Sì, hai ragione, tra l’altro lui ebbe un successo intenso in Italia, ma relativamente breve rispetto a quello che aveva avuto in Francia, dove era molto più popolare.

Si trasferì in Francia perché in Italia, a quei tempi, gli censuravano tutte le canzoni.

In Italia doveva cantare quelle che considerava “compromessi di gioventù” come “Cin cin con gli occhiali”, perché i discografici volevano canzonette di facile presa sul pubblico anche per questo motivo se ne andò dall’Italia.

In Francia c’era più l’abitudine ad ascoltare e a scrivere le chansons che aiutano a riflettere e trasmettono la poesia… non solo canzoni di intrattenimento.

C’è qualcosa, della sua produzione che te lo fa sentire particolarmente vicino?

Sì, assolutamente: la canzone “La mia generazione” che è una canzone bellissima e straziante in cui inizialmente Herbert parla di una famiglia idilliaca, che tutti vorremmo avere. Questo idillio però viene distrutto dalla verità, perché in realtà è una famiglia disfunzionale, in cui non c’è affetto e non c’è amore.

“La mia generazione”, in questo senso, rappresenta la speranza che la malattia che ha colpito la generazione prima di lui, salti la sua, ed è anche un monito per cercare di non ripetere gli errori dei genitori, che vede nella costruzione di un amore e nello spezzare le catene della mancanza d’amore, la possibilità di rivalsa.

Herbert ha anche saputo anticipare i grandi temi come il cambiamento climatico, pandemie e guerre. Tu ti sai dare una spiegazione di questa sua iper sensibilità?

Era una persona che aveva molti talenti ed era particolarmente sensibile ai temi che riguardano il nostro pianeta e ai pericoli della tecnologia che sono temi di cui parlava già nella sua opera rock: Megalopolis.

L’opera è molto famosa in Francia, mentre in Italia Herbert aveva portato una versione ridotta al Festival dei Due Mondi di Spoleto col titolo “Pitture e Megalopolis”.

È un concept album, con tante canzoni legate da un filo narrativo, ispirato a “Il medioevo prossimo venturo” di Roberto Vacca.

Il libro parla di una possibile fine del mondo, vista attraverso gli occhi di una coppia di ventenni. Questa ipotetica fine del mondo è causata dai cambiamenti climatici, delle pandemie, delle guerre e da un uso smodato della tecnologia e, di questo, si parla anche nello spettacolo; infatti, alcune delle canzoni tratte da Megalopolis, come per esempio “Serenata” che parla della solitudine e dell’alienazione nelle grandi città, fanno parte anche del disco.

Tu ti sei dedicata maggiormente al teatro ma, rivivendo la carriera di artista di Herbert, c’è qualcosa che ora ti sarebbe piaciuto chiedergli?

In questo momento sto cercando di dedicarmi alla canzone; sono anni che faccio spettacoli completamente da sola, dove curo tutti gli aspetti: della scenografia, ai costumi, al testo, alla traduzione, alla direzione attoriale, ed è sfiancante. Quando canto, invece, mi diverto, perché devo pensare solo a quello!

Da piccola sognavo di fare la pittrice, ora è diventato il mio hobby.

Herbert era per la comunicazione delle arti, e il luogo in cui le arti si incontrano più che in qualunque altra espressione artistica, è proprio il teatro, perché c’è la scenografia, la musica, il testo, la canzone, le luci, il corpo, la danza, insomma, c’è tutto.

Forse, ora, gli chiederei consiglio su come far avvicinare le persone al teatro, sul come trovare i fondi, come distribuire uno spettacolo, perché lui era estremamente pratico e aveva la capacità di trasformare le esperienze negative in un qualcosa di poetico… Riusciva a vedere molti lati dell’esistenza in modo positivo ed è questo che lo rendeva unico, creativo e costruttivo, mentre io sono, fondamentalmente, pessimista.

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